Da due giorni, i miei tanti tatuaggi (ho perso il conto, ma giuro che sono in numero dispari, come scaramanzia comanda) non sono più soli. Gli fa compagnia un cerottino quadrato minuscolo, che devo sostituire ogni settimana, sormontato da una patch impermeabile tonda, che assomiglia nella forma e nella dimensione ad una ovolina di bufala, per permettermi di lavarmi senza dargli fastidio. É un cerotto della pressione, che in parte sostituisce la pillola, facendo sembrare il tutto meno traumatico. Questo cerottino agisce anche sul sistema simpatico, ossia sul cervello, e dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) calmare in parte l’ansia e di conseguenza rallentare i battiti accelerati. Morfologicamente il mio cuore sta a posto, atri, ventricoli e valvole sono a posto, ma la mia amica ansia lo fa galoppare. Questo cerotto dovrebbe riportarlo ad un trotto armonico, per rimanere in gergo equestre. Del cerotto esistono due dosaggi, prima di passare alla pillola dalla quale non sono io a dovervi dire che poi non se ne esce più, io ho iniziato con quello minimo, avendo attribuito il mio cardiologo il tutto alla mera ansia.
Questo é per rispondere a tutti i “sì, ma stai tranquilla“, i “tu non ci pensare“. Purtroppo l’ansia uno non la cerca, arriva, si insinua, e ti porta a questo. Pensate che una persona normale la desideri la pillola della pressione, fosse anche solo sottoforma di cerottino? Credetemi, no. Ne avrei fatto a meno. Così come una persona normale non vorrebbe vivere nello stato ansioso da cui io vivo da sempre ma che da due anni è diventato per me invalidante, quando si è trasformata in attacchi di panico. Eppure questo piccolissimo adesivo color carne, che non indosso da nemmeno 24 ore, qualche effetto lo ha già avuto. Ho rallentato, mi sono fermata a dare ascolto a me. E sono pronta ad eliminare le fonti di stress, di incazzatura, di delusione, con la scure del boia. Persone e situazioni ansiolizzanti stiano lontano da me. Costruirò una corazza attorno a quella spugna delle malmostosità altrui che sono stata per 45 anni. Da lunedì poi, dopo il parere della gastrenterologa che mi imporrà di sicuro divieti alimentari, mi metterò a dieta, ma non a chiacchiere, stavolta c’entra anche il cuore, quindi dovrò farla che io voglia o meno. Seriamente. Uno dei consiglii del cardiologo (oltre ad andare da uno specialista a farmi insegnare il training autogeno da continuare poi in perfetta autonomia) é stato quello di ridurre al minimo il sale (ma per questo non mi preoccupo: ho Mariele e Lucia che sono cinture nere terzo dan del “con gusto pure senza sale”, entrambe per ragioni di pressione).
Ragion per cui sto preparando a tambur battente tutte le ricette per le mie collaborazioni, creando un bacino di ricette di sopravvivenza del blog, mentre sarò impegnata con dieta iposodica e gambe da rioperare. Entrambe stavolta.
Questi minuscoli buns al latte li ho preparati per creare dei finger food da un morso e via, con un hamburger gusto bacon di cui sono stata omaggiata da Raspini e che ho trovato all’interno della Cold box, la versione fresca della Degustabox, disponibile solo due mesi l’anno, Marzo e Ottobre. Hamburger e bacon insieme chiamano a gran voce il panino, e così dopo aver creato dei buns da 20 grammi di peso ciascuno e dopo averli cotti, ho coppato con un coppapasta dello stesso diametro del panino l’hamburger al bacon, lo ho cotto su una piastra antiaderente, e ho farcito il paninetto nella più classica delle maniere: cheddar tagliato a misura, una foglia di lattughino, una fetta di pomodoro (avrei voluto che mi vedeste scegliere al supermercato i pomodori oblunghi del diametro giusto) e ovviamente il mini burger.
Non posso esattamente dire che siano iposodici, ma salse non ce ne ho messe, i panini sono in effetti dolci se guardate gli ingredienti, il burger lo ho cotto senza aggiungere olio e sale, e la mini foglia di insalata e la fetta di pomodoro non erano conditi.