Circa un paio di anni fa in Sicilia si stava per verificare una sorta di secessione dall’Italia al grido di “la caponata non va profanata“, una rivolta popolare contro chiunque osasse toccare uno dei capisaldi della cucina locale: la Caponata.
In una pubblicità della Star, noto colosso dell’industria alimentare e produttore dei dadi da brodo, la vincitrice della seconda edizione di Masterchef, Tiziana Stefanelli, pretendeva in uno spot televisivo di 30 secondi, di insegnare ad una famiglia siciliana come preparare la caponata, e come tocco in più aggiungeva del dado granulare.
Eresia, il #caponatagate diventò un affare nazionale, ne parlarono tutte le testate giornalistiche italiane, i palermitani erano in rivolta, ci fu più indignazione per il dado nella caponata che per il canone Rai in bolletta, e fu la stessa indignazione che ebbero ad Amatrice quando Cracco disse di usare l’aglio nella Amatriciana.
A noi Italiani ci possono toccare tutto, ma il cibo no. Su quello non si scende a patti. E’ tradizione e va rispettata.
Ma che cosa sarebbe questa caponata? Oggi provo a raccontarvi due cose su questa preparazione siciliana buonissima che, senza profanarla assolutamente, ho accompagnato con dello sgombro alla griglia, per renderla un piatto unico vero e proprio.
Esistono diversi filoni di pensiero circa l’etimologia della parola caponata: secondo alcuni deriverebbe dal termine “capone”, espressione dialettale per indicare un pesce oggi conosciuto come lampuga, che insieme alla salsa agrodolce tipica della caponata era un piatto diffusissimo nelle cucine aristocratiche.
Nel ricettario ottocentesco del napoletano Ippolito Cavalcanti, “La cucina teorico-pratica con corrispondente riposto”, si riporta proprio la ricetta della caponata con verdure, pane impregnato di aceto, olio, sale e zucchero e anche il pesce capone, o sgombro, lessato e “calato” sulle verdure. I Monsù usavano la salsetta agrodolce per conservare per poco tempo anche la cacciagione, fra cui il cappone e tutti gli ingredienti che venivano serviti o conservati con l’agrodolce erano detti capponati.
Oggi la caponata è diffusa nella sua versione vegetariana, dove il pesce capone è stato abilmente sostituito dalle melanzane fresche. C’è chi però sostiene che la parola caponata derivi da “caupone”, il nome usato per indicare le antiche taverne dei marinai, dal latino caupona che vuol dire proprio osteria. Qualsiasi sia la sua etimologia, la caponata è un contorno (ma anche un antipasto) di un insieme di ortaggi fritti (per lo più melanzane), conditi con sugo di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi, in salsa agrodolce. Ne esistono numerose varianti, a seconda degli ingredienti: le ricette “classiche” raccolte in tutta l’isola sono ben 37.
Preparata dalle mani sapienti delle donne di casa, la caponata si prepara con i frutti dell’orto.
Gli ingredienti quindi dipendono dai ritmi della natura, dalle stagioni, dalla volontà dei contadini e nel corso degli anni si sono diffuse tante varianti che sono entrate pian piano nei ricettari tradizionali.
Gli amanti dei peperoni saranno felici ad esempio di scoprire che esiste una caponata, diffusa soprattutto nella zona di Catania, che ha come protagonisti proprio peperoni verdi gialli e rossi e può prevedere o meno l’impiego delle melanzane.
I fedeli alla stagionalità potranno preparare un’ottima caponata invernale sostituendo le melanzane con i carciofi, tipici dei mesi più freddi. Spostandosi per l’isola siciliana troveremo inoltre delle piccole differenze tra una caponata e l’altra: quella trapanese si distingue per l’uso delle mandorle tostate, quella messinese predilige l’uso del pelato al posto della salsa.
La melanzana resta però un elemento imprescindibile della caponata, piatto tipicamente estivo pertanto, perché ha quella consistenza giusta da non permettere l’assorbimento dell’olio nella frittura.
Il commissario Montalbano, mitico personaggio del siciliano Camilleri, in una fresca sera d’estate gusta la “caponatina” preparata dalla sua cameriera Adelina. Di cosa si tratta? Per alcuni è solo il modo affettuoso per indicare il piatto ma oggi spesso si chiama caponatina la versione industriale della caponata, ricca degli stessi ingredienti, tagliati però in pezzi più piccoli e talvolta infornati piuttosto che fritti.
La melanzana è stata introdotta in Sicilia dai saraceni, che la chiamavano badindgian, ed i Siciliani l’’hanno adottata tanto da farla divenire uno degli elementi più rappresentativi della propria cucina. Basti pensare alla “pasta alla Norma”, o alla “parmigiana di melanzane” per capire che in Sicilia è la regina di tutti gli ortaggi.
L’agrodolce è invece di origine persiana ed arrivò in Sicilia durante la dominazione araba.
Ho preparato un piatto completo, aggiungendo alla caponata dei filetti di sgombro fresco grigliati, come da versione del Cavalcanti, così che da contorno semplice (senza pesce) diventasse un piatto completo.