Il carciofo arrostito sulla brace dentro la “fornacella“, è una preparazione tipica ed immancabile nel periodo di Pasqua, in qualsiasi casa del napoletano. Dai “bassi” all’alta borghesia, tutti mangiano almeno un carciofo arrostito a Pasqua e a Pasquetta.
E’ usanza di ogni ristorante, trattoria forse sarebbe meglio dire, avere una fornacella più o meno grande, all’esterno del locale, dove si arrostiscono dai 100 ai 200 carciofi ogni domenica e, chi vuole, può acquistarne bollenti vaschette Cuki e portarle a casa, a completamento dei pranzi domenicali di mamme e nonne. Quando capito lì in zona nel periodo di carciofi, a parte il profumo del carciofo stesso che si cuoce sulla brace che è una poesia, indescrivibile, si vedono file interminabili fuori le trattorie, non di avventori del locale, ma di “petenti carcioffole”.
Fintanto che durano i carciofi, non esiste domenica che non li veda serviti a tavola.
Mia nonna aveva delle cugine, mai sposate, “signorine”, e la zia Rosettella era l’addetta alla cottura dei carciofi. Considerando che le fornacelle, perlomeno quelle ad uso domestico, le producevano probabilmente per i nani, per non stare chinata a 90 gradi tutto il tempo, zia Rosettella sedeva su una seggiola vicina alla fornacella, e girava i carciofi di mezzo giro ogni tot tempo, per essere certa di ottenere una cottura omogenea, e li insaporiva man mano, con un po’ di aglietto fresco in più, o un po’ di prezzemolo, una rabboccatina d’olio e una pizzicatina di sale.
In verità oggi non occorre stare a badare ai carciofi tutto il tempo, con i moderni barbecue tipo il mio Weber che ha gli sfiati per regolare l’intensità del calore e soprattutto il coperchio. Prima sui carciofi, la cui cottura deve essere coperta, ci si metteva la carta stagnola e sopra ci si appoggiava il suo coperchietto di stagno, che era solo un mero “peso” per non far volare via l’alluminio al primo soffio di vento. Ed era per questo che i carciofi andavano poi girati. Nonostante il calore eccessivo, zia Rosettella girava i carciofi a mani nude, tant’è vero che mia cugina Anna le diceva sempre “oramai hai le mani di amianto”. Preparare i carciofi per l’intero parentado, teneva zia Rosettella seduta sul balcone per mattinate intere, ma era diventata una ritualità, per lei farle e per noi riceverle.
Non ho più mangiato tanto spesso i carciofi arrostiti, perché le usanze si sono perse, perché zia Rosettella dopo una lunghissima malattia è mancata, e perché per chi abita nei palazzi, come zia Rosettella, è vietato arrostire alcunché sui balconi. Ecco quindi che sono spuntati Lotus Grill et similia, barbecue a carbonella che non fanno fumo, ma che non regalano affatto al carciofo il profumo che DEVE avere.
Quest’anno mia madre mi ha procurato l’aglio fresco, ingrediente indispensabile per i carciofi arrostiti. Si tratta di aglio raccolto prematuramente, fresco appunto, prima che il bulbo si divida in spicchi. La forma è simile ai cipollotti, ma il sapore è di aglio, intenso, eppure non rimane indigesto. Misteri della fede!
E ci ho preparato un intingolo, che poi è una notissima salsa all’aglio, l’aiöli, per intingere le foglie del carciofo prima di addentarle. Dopotutto, con tutto l’aglio fresco all’interno, una salsina all’aglio di accompagnamento non mi spaventava!
2 Comments
lucia melchiorre
23 Aprile 2018 at 21:18
Non conoscevo questa tua passione!! Ma tu lo sai che vicino casa mia ci sta un bancariello che la domenica si mette con le fornacella e vende i carciofi arrostiti!!!! Ho appena scoperto dove ti porto la prossima volta che vieni a trovarmi😁
Valentina
24 Aprile 2018 at 7:49
Mado ma io li amo troppo, col “poco di forte” dentro… potrei vivere di provola e carciofi arrostiti, vabbeh anche di friarielli e pizze fritte senza ciccioli…