Alessandro è il mio migliore amico in assoluto, laddove per migliore amico si intende la persona che io sono sicura sia nei miei confronti la più sincera, onesta a costo di farmi male, schietta, sensibile ed insensibile allo stesso momento, che ho incontrato nella mia vita.
Lo conosco da diversi anni, lo ho conosciuto durante la convalescenza dopo l’operazione di tumore, in un periodo in cui la mia vita ha iniziato a cambiare. In un momento in cui il mio corpo ha iniziato a trasformarsi, il mio carattere a cambiare, la mia sensibilità ad aumentare di pari passo con la mia permalosità.
Mi trovavo bene a parlare con lui, che ha fatto studi da psicologo e da sempre sembrava anticipare le mie parole e i miei pensieri, sapeva interpretare esattamente i miei silenzi e le mie pause e riconoscere le risate finte ed esasperate da quelle genuine. E mai come in quel momento, sfigurata da diverse cicatrici e gonfia di cortisone, avevo bisogno esattamente di una persona come lui, che mi portasse coi piedi per terra ma che nello stesso momento, e con le sue modalità, ci fosse, per ascoltarmi.
E’ la sola persona che mi abbia detto a brutto muso “stai a fa ‘na cazzata” ma nonostante tutto mi ha accompagnata a farmi un tatuaggio al volo in un torrido pomeriggio di agosto in via Grazioli Lante, e la cruda schiettezza, pronunciata sempre con parole e toni da persona saggia, ha sempre contraddistinto la sua amicizia verso di me.
Non dimenticherò mai il suo giudizio sull’ultima veste grafica di DiVerdeDiViola prima che me lo hackerassero e lo chiudessi definitivamente. Per lui, l’aver io messo un profilo autore, con tanto di mia foto, che “guardava sorniona da una finestrella tonda i lettori dei miei articoli” (cit.), era l’esasperazione di un mio egocentrismo (ego che non ho mai avuto) e credo di non avergli rivolto la parola per 3 mesi, rispondendo acidamente e stiticamente a qualsiasi tentativo di contatto da parte sua.
E’ colui che mi ha regalato una palla di plastica vuota, in un mio scorso compleanno, dicendo che non poteva fare altro che regalare NIENTE a me che ho già tutto, insieme a un temperacarote e un volume meraviglioso sulla cucina indiana. Ed è colui che ho spesso nominato nelle mie ricette speziate, perché è nostra abitudine andare a mangiare nel mio ristorante preferito, Jaipur, in pieno agosto, quando in giro per Roma ci siamo in giro io lui, le lucertole e qualche tedesco ubriaco sudato fradicio e paonazzo.
Mi ha sempre rinfacciato di essermi trasferita lontana dalla civiltà, quando decisi di spostarmi dal cuore pulsante della Capitale, sfottendomi di essere colei che andava a fare la spesa al paesello con il tacco 12 tra gente in tuta (almeno i primi tempi, prima che la tuta decidessi di indossarla anche io).
Alessandro è uno di quei 4 lettori fissi che ho, se scrivo una cosa sbagliata, lui non me la dice direttamente, mi manda delle sciarade su Whatsapp, e io vado nel panico, perché solo risolvendole capisco cosa ho scritto male (l’ultima la somma dei peperoni sulla lista della spesa nella ricetta degli gnocchi al gorgonzola).
A: Quanto fa 4 + 3 + 2, Vale?
V: 9
A. Certo… a chi potrebbe mai venire in mente che la somma faccia 8!
(segue controllo della sottoscritta alla ricetta e immediata correzione)
E come succede ogni tanto, anche a lui è capitato di provare a rifare qualcuna delle mie ricette. Il mio cavallo di battaglia gli è venuto abbastanza bene, ma mancava forse di un po’ di cremositá, non ricordo poi cos’altro gli è venuto invece malissimo, il mio timballo di anelletti lo ha letteralmente schifato preferendo la versione di Lucia Melchiorre, con la carne trita nel ragout. Dicendomelo, ça va sans dire.
Questo periodo non è tra i migliori, per Alessandro, non lo vedo da un anno circa, ha perso più di 30 chili per una situazione terribile che sta vivendo, e io non so stavolta come fare ad aiutare lui. Lui che per me c’è sempre stato, stavolta non riesco ad aiutarlo. E non sono riuscita nemmeno ad infuriarmi o impermalosirmi quando mi ha rivelato che spesso cucina una ricetta che non è mia, e che ha tratto da Giallo Zafferano.
Anzi, per fargli cosa gradita, l’ho preparata anche io, ed eccola qua, una pasta facile, veloce e di grandissimo gusto, in cui il cartoccio, sinceramente, serve proprio a poco, se non forse a compattare la pasta grazie al Grana che gli si scioglie sopra nella fase ultima di passaggio in forno. Grana che io non ho utilizzato, perché lo detesto, preferendogli il Parmigiano, a me piú congeniale.
Questa é la pasta preferita della sua compagna Katia, da cui invece, non sono mai riuscita a farmi apprezzare, e questo resta un mio grande rammarico.