Che io non ami i dolci lo sanno anche le pietre. Ma mai avrei pensato di essere talmente presa da questa frenesia di preparare tante ricette da accumulare per il blog, per campare di rendita nei futuri momenti di meritato riposo, da iniziare a fare addirittura per tempo, un mare di ricette, perfino i dolci fritti di Carnevale. Le pubblico oggi, ma le ho preparate due mesi fa… si tratta delle Chiacchiere che, un po’ come il mio cane Goga, hanno cento nomi.
A Venezia si chiamano Galani, a Roma si chiamano Frappe, Cenci a Firenze e Bugie a Genova, Crostoli a Ferrara e Sfrappole a Bologna (correggetemi eh, non vorrei mai che in base a queste affermazioni a qualcuno venga un enfisema)… ma insomma, tanti nomi e il prodotto è sempre quello: una cialda friabile, “scrocchiarella“, profumata e zuccherosa, che crea dipendenza.
Anche in questo caso, per la ricetta ho ricorso a Zia Rosa che, prima di mettersi a dieta, friggeva chiacchiere regalandone vassoiate intere negli anni addietro. Prima che iniziasse a farle lei, ricordo che una zia acquisita di mio padre aveva questo “ruolo” di preparare le chiacchiere per tutti, e la forma che lei dava era di “nodo”. Una persona che, oggi posso dirlo, era da noi assolutamente detestata, una delle poche persone che ho conosciuto nella mia vita la cui cattiveria gratuita superava qualsiasi opera pia avesse mai potuto fare. Una cattiveria che era superata solo dalla sua ignoranza. Proverbiale è rimasta la città di “Grenopoli” (Grenoble, ndr) in cui il nipote sapiente era andato a fare un semplice Erasmus, ma che lei spacciava come sommo premio dell’Università al più intelligente degli studenti di fisica di quell’anno accademico.
Era capace di portare zizzania e rovinare ogni festa e occasione di incontro, ha fatto in modo che i miei cugini alla lontana, figli di sua figlia, fossero da tutti noi detestati, perché per lei erano i soli a fare cose eccellenti, tutto il resto merda. Tant’è che ad oggi io non so nemmeno che fine abbiano fatto. Questa zia, che vivaddio non è più tra noi (compatitemi, ma così è), preparava strisce poco sottili che annodava senza stringere prima che venissero fritte, per poi ricorpirle di zucchero a velo. Forse proprio perché le strisce di pasta non erano sottili, le chiacchiere di questa zia non avevano le bolle, caratteristica indispensabile che garantisce anche solo ad occhio la croccantezza del dolcetto.
Quando ho inviato tramite Whatsapp la foto delle mie chiacchiere alla mia famiglia sparsa per l’Italia, mia sorella mi ha chiesto “ma come fai a fare tutte quelle bolle, a me non vengono mai“… la risposta è semplice: le chiacchiere vanno fritte. Punto. Ok si fanno anche al forno, ma se poi non vengono le bolle non lamentatevi.
Ecco il video della mia frittura delle chiacchiere:
Lo zucchero presente nella ricetta è pochissimo, ma non preoccupatevi, lo si recupera con il quintale e mezzo di zucchero a velo con il quale esse vanno ricoperte.