Si tappino gli occhi tutti i vegani, vegetariani, fruttariani, animalisti… ebbene sì, ho avuto in casa fino a 10 cani, 4 adulti e 6 cuccioli, e nonostante li ami più della mia stessa vita, mangio la carne e soprattutto mangio il coniglio!
Ci ho provato eh, a diventare vegetariana, ma non ce la faccio. E la faccia dolce di un coniglio non è, per me, diversa da quella di una mucca o dall’essere buffo di una gallina (sebbene io ne sia terrorizzata e diciamo che mi fanno un filo meno pena). Lo so che appaio crudele, ma “animale mangia animale” da sempre, e non l’ho deciso io.
Mangio solo conigli “che conosco di persona” o per interposta persona. Quello cucinato per questa ricetta proviene dalla Basilicata, regalo del suocero di mia sorella, il signor Domenico, che li alleva, e quindi ne conosco la genuinità.
La carne di coniglio è tra le più delicate e meno grasse esistenti, la più digeribile a mio giudizio che ho una intolleranza grave alle carni rosse, e una validissima alternativa al pollo.
Mia nonna prima e mia madre poi, preparavano il coniglio sempre alla stessa maniera, preparando un intingolo frullato nel tritatutto, fatto di pari quantità di aceto di vino rosso e olio extra vergine di oliva, 2 o 3 spicchi di aglio privati della camicia e dell’anima centrale, 1 o 2 filetti di acciuga sott’olio scolati, e tantissimo rosmarino fresco. Per tantissimo intendo proprio “fino al riempimento del barattolo del mixer”.
Siccome vanto una piantagione invidiabile di rosmarino, utilizzo questo intingolo anche per le carni di pollo e di tacchino soprattutto, che cotte a mo’ di spezzatino, spesso conservano quel retrogusto di “aia” appunto, che non sempre è gradevole. Sfumare gli ultimi minuti di cottura le carni di pollo, tacchino e coniglio, con questo intingolo, a fiamma altissima, crea una crosticina che vi farà leccare anche le dita (oltre ad ottenere un profumo meraviglioso che si spande per l’intera casa).
Ho apportato una sola modifica sostanziale alla preparazione del coniglio di mia nonna. Mentre lei e mia mamma, per cuocerlo fino all’osso, lo mettono in un tegame aggiungendo acqua poco alla volta (generando un odore per nulla gradevole), io ho utilizzato la pentola a pressione per dare una prima cottura alle carni, per esattamente 5 minuti dal fischio iniziale. In questo modo ho ottenuto una cottura perfetta della carne di coniglio evitando che diventasse stopposa (il rischio è solo quello) e ho potuto rosolarlo nel tegame senza spargimenti di vapori animaleschi.
Da sempre l’aia è stata il fulcro della tradizione gastronomica contadina. Chiunque chiuda gli occhi e provi ad immaginare l’aia, pensa alla contadina con l’enorme grembiule che esce di casa e viene immediatamente circondata da galline bramose di semi (io morirei) che venivano elargiti a larghe manciate.
La gallina è sempre stata alla base della cucina contadina. Produceva le uova, ingrediente base di mille preparazioni rustiche e non, con le sue carni si preparavano ricchi e grassi brodi e succulenti arrosti. I galli poi erano la base per gli spiedi e per preparazioni come la cacciatora. I capponi costituivano la portata principale, oggi come allora, dei pranzi di Natale, con l’anatra si preparavano sughi prelibati mentre l’oca veniva utilizzata al pari del maiale per preparare insaccati simili al salame.
Anche il coniglio è un animale da cortile, e finiva in pentola anch’esso alla cacciatora o in civet.
Oggi il coniglio è diventato un animale da compagnia al pari di un cane e del gatto ed è sempre più raro trovare nei menu dei ristoranti, ma anche delle trattorie, preparazioni a base di carne di coniglio.
Polli, conigli, galline, sono ahimè allevati in batterie, e le loro carni, pur sempre mantenendo apporti proteici e vitaminici non indifferenti, sono di più difficile preparazione.
Nell’aia, quando gli animali venivano allevati liberi, si muovevano di più, sviluppavano una muscolatura che l’esser tenuti in gabbia oggi non gli permette di sviluppare, le loro carni erano più povere perciò di grassi, e meno difficili da trattare.
Cucinare le carni bianche difatti ci mette oggi davanti a problemi quali il mantenimento della succosità ed umidità interna, l’eliminazione dell’odore importante e del sapore selvatico, tipico ahimè delle carni bianche.
L’intingolo proposto nella mia ricetta mantiene il sapore del coniglio senza dubbio ma lo esalta con un trito aromatico che ne annulla il retrogusto “selvatico”.
Grazie al The Recipe-tionist, che mi ha vista vincitrice per un bimestre, questa ricetta di famiglia è entrata a far parte anche delle ricette del mio amico Gianni Senaldi, del blog Cuoco Gianni o Coco Gianni, che la ha rifatta “con una scarpetta clamorosa“. Potete guardare la sua succulenta versione cliccando qui.
Oltre a Gianni, anche Carla Emilia del blog Un’arbanella di Basilico, ha deciso di partecipare al The Recipe-tionist scegliendo il coniglio di Nonna Italia. Mia nonna ne sarebbe felicissima. Potete vedere la sua versione succulenta cliccando qui.
8 Comments
Pellegrina
27 Febbraio 2018 at 23:11
Scusa ho capito bene? Prima lo cuoci nell’acqua senza condimento e poi lo ripassi con olio? Grazie.
Valentina
28 Febbraio 2018 at 9:14
Si esattamente così. Lo cuocio per sgrassarlo e togliere il sapore di “aia” e poi lo rosolo
Gianni
1 Aprile 2018 at 6:47
Ciao Valentina
questa è un’altra ricetta che ho scelto per il Recipe-tionist
Fantastica. Entra di diritto tra le mie preferite per la cottura del coniglio. Grazie
Valentina
1 Aprile 2018 at 7:43
Non sai quanto mi faccia felice che il piatto per antonomasia della mia famiglia, sia entrato anche nella tua! Grazie di cuore, Gianni e Buona Pasqua a te e Manu
Elisa Bekr (Flavia )
23 Giugno 2018 at 13:55
Sono qua…eheheheheheh… indovina che mangio domaní? Aspetto che Paolo vada in cantina a prendermi una bottiglia di vino bianco
Valentina
23 Giugno 2018 at 17:15
uuuuuuuh, e devi fare le foto però, e la voglio online. Oramai ti sei valentinizzata, ricordatelo!
Margherita Tagliaferri
23 Novembre 2021 at 8:38
Non ho capito se dopo aver aggiunto la salsa a al coniglio va cotto ancora. Grazie
Valentina
23 Novembre 2021 at 10:36
Giusto un continuo di rosolatura, qualche minuto,fino a che si forma la crosticina verdina