A lungo ho pensato che dare al blog un aspetto un po’ diverso dal mare magnum dei blog del web fosse un segno distintivo. Però il tempo speso dietro la ricerca di ingredienti particolari e dietro le composizioni nel piatto di zuppe ed intingoli, di piatti etnici o ricercati, mi ha fatto capire che più che invogliarvi a venire da queste parti e provare le mie ricette diverse, vi ha messi invece in uno stato profondo di ansia da prestazione. E così, pur mantenendo la caratteristica di blog di nicchia per alcune preparazioni, fregandomene se voi abbiate o meno la Instant Pot o il Bimby, la Crock Pot o tutte le spezie che trovo, compro, amo e colleziono io, ogni tanto ho deciso di proporvi delle ricette facili, al limite del ridicolo.
Lo vedo già Alessandro, il mio grande amico che legge ogni mio scritto, corregge ogni sbafatura e cazzia ogni mia megalomania, che sorride sotto i baffi, ora per allora, per la madre delle ricette del cazzo del mio blog: le castagne al forno. Quando, in un momento, lo ammetto, di malcelata noia verso blog, Instagram, verso coloro che mettono sempre e comunque commenti acidi, misi le castagne cotte al forno con la tecnica del letto di sale grosso, a firma di Maria Borsa, Alessandro rimase spiazzato. Soprattutto poi perché quella ricetta coincise con un lungo periodo di silenzio “letterario” della sottoscritta. E così per lui non era possibile che chiunque approdasse, googlandolo o per scoperta casuale, sul mio blog, avrebbe visto le castagne al forno come prima ricetta. Questa cosa per lui era un terrificante e svilente biglietto da visita. Mi disse “minimo sforzo per minima resa”, e mi chiese quando, a questo punto, avevo in programma la pubblicazione della macedonia di frutta!
La ricetta di oggi, tutt’altro che ridicola, è invece quello che avrei voluto raggiungere anche con le castagne: minimo sforzo ma massima resa, qualcosa che non vi blocchi dal provarla, e che mi faccia salire un gradino più in alto di questa piramide di gradimento dove stento a raggiungere la cima. Appartiene alla famiglia di Elisabetta Caccamo, The Autumn Lady, una ragazza speciale, fosse solo che ama la pioggia e il freddo come me, il cui blog è sì di nicchia, ma ha meno haters rispetto a me. Promotrice di mille iniziative online, durante la sua lunghissima vacanza in Sicilia questa estate oramai arrivata alla fine, ha pubblicato sul feed di Instagram delle cotolette di pollo preparate da suo zio, che mi hanno fatta sbavare come i cani di Pavlov. Per giunta, era la seconda volta in meno di dieci giorni, che sentivo parlare di questa panatura siciliana (o palermitana) delle cotolette. Anche Francy Marcuccio (da cui ho tratto la mattonella palermitana) mi disse che avrei dovuto provare questa tecnica semplice ma di estrema soddisfazione, e così ho fatto, seguendo però le indicazioni essenziali di Elisabetta e di suo zio.
Vi dico solo che per me da quel giorno, non esiste panatura delle cotolette che non preveda una quantità indefinita di formaggio grattugiato misto nel condimento del pangrattato.
Avevo il vaso del prezzemolo, che poco amo a dirvi la verità, stracolmo di nuovi getti perché quest’anno non ho preso al vivaio le piantine ma sono partita dai semi, e addirittura questa aggiunta di prezzemolo abbondante dal profumo fresco ed intenso, ho trovato ci stesse benissimo nella panatura ricca siciliana. Le fette di petto di pollo le avevo appena prese, le uova in frigo a me non mancano mai, e da quando Oliva non mangia cibo se non con una generosa spolverata di formaggio grattugiato sopra, ho anche una discreta quantità di pacchetti di pecorino/grana/ parmigiano sempre in frigo. Insomma dovevo per forza prepararle, o sarei morta disidratata (ricordate i suddetti cani di Pavlov?).
Ho fatto le fotografie più veloci del west, ve lo dico, sebbene sia molto soddisfatta del risultato. Volevo ottenere scatti che ricordassero un veloce e sostanzioso pranzo al mare, e così ho usato la tavola azzurra, i piatti che mi ha regalato Cristiana, che si usano sia in Puglia che in Sicilia, anch’essi con una tonalità tra il verde acquamarina e l’azzurro, e la sola insalata che io mangi, il lattughino (lo divido con le mie tartarughe). Zero batti e tantissima resa, altro che le castagne al forno. E speriamo che a sto giro Alessandro sia più clemente (sebbene avesse decisamente ragione).
Vi do un solo consiglio per la preparazione di queste cotolette che ho chiamato “alla Caccamo”: so che sarete forse in 4 a partire dal petto di pollo intero, e che tutti, me compresa, il petto di pollo lo comprate a fettine. Non prendete le sottilissime. Qui ci vanno delle fette di petto di pollo belle sostanziose, spesse, e prive di quei detestabili filamenti di pelle bianca. Il solo sforzo che comporta questa preparazione è solo, in effetti, il ripulire i petti di pollo da quegli inestetismi che non solo sono estetici, perché poi in bocca li sentite.