Per un periodo vivaddio abbastanza breve, sono entrata a far parte del brillante mondo dei gruppi Instagram, nati con il nobile proposito del reciproco aiuto a far crescere il proprio profilo in termini di numeri e farlo “girare” e quindi conoscere. Mi sono però accorta quasi subito che invece si trattava di luoghi senza collocazione geografica nei quali ogni admin era il capetto di una tribù, più o meno servente ed assertiva, che con mille regole, orari, scadenze, obblighi (e penitenze, non scherzo), facendo diventare quello che doveva essere un hobby o un momento di svago, in un secondo lavoro. Non dimenticherò mai il giorno in cui, di sabato mattina, ero dentro San Giovanni in Laterano per dare una mano per un allestimento di una messa che sarebbe andata in onda il giorno dopo sulla Rai, e mandai un audio al veleno ad una delle admin di questi gruppi maledetti, che mi diceva che non avevo recuperato i likes della giornata. Cose dell’altro mondo!
Sono scappata a gambe levate, e per fortuna i gruppi dei quali facevo parte si contavano sulle dita di una mano sola. Mi fanno una grandissima pena quelle persone che invece, prendendo fischi per applausi, vedono crescere i propri numeri entrando ogni giorno in gruppi diversi, sempre nuovi, sempre di più. Su Instagram o per gabbare lo santo, su Telegram e Whatsapp. Mi chiedo cosa se ne facciano di quei likes e commenti obbligati, tutti uguali, tutti di quattro parole più emoticon, perché la regola del gruppo così dice, commenti pieni di “amore, tesoro, corazon, mon cheri, mon tresor (ora va il francese) che buono, golosissimo, wow” per allungare il brodo.
Preferisco ancora quelle janare che ogni tanto spuntano da me e che mi scrivono che sono troppo prolissa e che non ce la fanno a leggere i miei post, o ancora quelle che se ne fottono di quello che scrivo e del fatto che esista un link cliccabile per arrivare al blog e commentano con “ricetta?“
Però non voglio sputare (troppo) in un piatto dove seppur per poco, ho mangiato anche io, perché qualcosa di buono lo ho trovato anche nei gruppi. Innanzitutto ho scoperto profili che mai avrei scoperto, per quell’algoritmo perverso di Instagram che nemmeno gli scienziati hanno capito come funzioni (ma le admin dei gruppi pare di sì), ho conosciuto persone che mi hanno insegnato tanto dal punto di vista culinario, e ho capito che a parte i gruppi in generale, i raggruppamenti dalla puzza di setta, più specificamente i gruppi fitness, quelli delle diete, quelli dello sprono reciproco, non fanno per me. Ci sono più persone fissate lì dentro che quelle che seguivano Mamma Ebe. Per non parlare della immensa amarezza dei profili “diario alimentare” per tenere dettagliati i propri pasti, con insalate così poco condite che le foglie cacciano le scintille ad ogni rimestata, come le pietre focaie, o fotografie di bicchieri di latte (di soia chiaramente) con una fetta biscottata aiutatemi a dire secca e triste.
Ogni tanto in questi gruppi però si trova la miniera d’oro, il cuoco o la cuoca di casa, che utilizza il burro senza farsi venire una crisi isterica, che frigge, che farcisce e imbottisce… gente che piace a me insomma, e da cui prendo spunti per ricette. Vi ricordate il favoloso Gateau di Verdure mosce di Teresa? Lei la ho “conosciuta” in uno di questi gruppi. Ora però, siccome questi cornettini di sfoglia ai porri, li ho visti da qualcuno nei gruppi, che questa persone non me ne voglia, ma dopo due anni da ricetta e foto, non mi ricordo chi sia e non riesco a taggarlo. Ricordo che era un uomo, che presentava questi cornetti come piatti della tradizione in occasione di una specie di “sagra del porro” che si svolge una volta l’anno da qualche parte in Piemonte. Potrei documentarmi meglio, ma non riuscirei a risalire alla persona che mi ha fatto conoscere questa delizia, che da allora, preparo ad ogni inizio inverno, quando inizio letteralmente a fare scorte di porri, che a casa mia si utilizzano tantissimo (eppure non siamo piemontesi).
Li ho adorati, e come vi dicevo, li preparo regolarmente, per aperitivi improvvisati (mi fanno tristezza le arachidi e i cubi di parmigiano accompagnati da bollicine) o quando ho ospiti a cena, per fare i miei soliti 25/26 antipasti prima di iniziare a mangiare. Voi sapete che di un pranzo o una cena, io preferisco gli antipasti? Credo che mi potrei serenamente saziare solo con quelli. Per questo amo e adoro andare a cena in posti dove ci sta la selezione antipasti o l’antipasto della casa composto da tantissimi vassoietti, o andare a cena da chi conosce questa mia perversione e ne prepara una decina. Adoro per questo motivo il ristorante cinese, ma all’indiano che per antipasto ha poca roba, perdono lo stesso tutto.
Per preparare questi cornetti non vi è richiesto nulla se non affettare un numero importante di porri (se non ce ne mettete parecchi mi spiegate come li riempite i cornettini?) da far appassire in padella con una generosa quantità di burro ed un pizzico di sale. La pasta sfoglia è CHIARAMENTE comprata (io non capisco perché ci si debba uccidere e impiegare una giornata intera per fare una cosa che compri al supermercato pure con la carta forno sotto), e va farcita con una cucchiaiata di porri appassiti e raffreddati, creando dei cornettini che vanno cotti in forno a 190°C per una ventina di minuti. Ragion per cui per questa ricetta non c’è la scheda, è a prova di stolti.