Non sono mai stata in Sardegna, fatto salvo aver accompagnato mio padre per un viaggio di lavoro, quando avevo forse 13 anni, di cui non ricordo nulla tranne la trasparenza del mare di Stintino, le pardulas e una scena assurda avvenuta in un ristorante di “nonmiricordobenedove”.
Servendoci le varie portate scelte, il cameriere pensó, guardandoci, a tutt’altro rapporto che padre-figlia, lanciando occhiate tra l’accusatorio e lo schifato a mio padre per tutta la serata. Premesso che io sembro più piccola dei miei 44 anni, che quando ne avevo circa 32 ad un posto di blocco dei Carabinieri sulla Tiberina mi chiesero se avessi 18 anni prima ancora della classica richiesta “patente e libretto”, ma a 13 anni sempre 13 ne dimostravo.
Il cameriere insisteva per volermi versare del vino e mio padre gli disse ad un certo punto “mia figlia non lo beve il vino“. Fu lí che di fatto il cameriere capí che non stava sventando alcuna molestia in fieri, ma che si trattava di mio padre e a fine pasto riuscí a farsi persino una risata.
Un po’ come la scena di Massimo Troisi in Ricomincio da Tre nella quale si trova con sua zia in una sala da tè fiorentina e sottolinea “ziiiiaaa” ad ogni frase, sentendosi osservato e ingiustamente accusato dagli occhi degli astanti che la vedevano piangere e disperarsi, con un tono di voce tra l’alto e l’altissimo, per la sua relazione sfortunata.
Sta di fatto che fintanto che mi capiterà l’occasione di andare in Sardegna con maggiore consapevolezza, di viaggiatrice ma soprattutto di assaggiatrice, la Sardegna la vedró sempre e solo nel piatto.
Uno dei miei ristoranti preferiti dopo l’indiano resta infatti quello sardo. E tra le tante cose che adoro, dopo le linguine alla granceola, o gli spaghetti con le vongole e la bottarga e ovviamente le seadas, c’é il Pane Carasau.
Anche se lo servono solo tra gli antipasti, esso non si mangia solo nella versione guttiau, ossia scaldato al forno, ben oliato e salato, come apripancia insomma, ma é più versatile di quello che sembra.
Oggi ci ho fatto una focaccia simil Recco, senza sbattermi a stendere la sfoglia a mó di sudario e leggerci attraverso un passo della divina commedia, con dentro la crescenza e non la leziosa Prescinseua, che non so manco pronunciare e che temo mi farebbe venire la stessa smorfia in volto di quando si pronuncia “eau” in francese (lo so, avete tutti detto Eau in questo momento, non negatelo).
Dopo averle svelato con un entusiasmo fanciullesco la scoperta di questa focaccia, la mia amica Mariele Floris, figlia e vanto della Sardegna, mi ha passato una serie di ricette che prevedono l’utilizzo del mio amato Pane Carasau, che a brevissimo vedrete su questi schermi. Intanto se andate da lei sul suo profilo Instagram, oggi troverete una di queste ricette “da leccarsi le dita dei baffi”.
L’ideatrice di questa focaccia di oggi invece é una blogger della piattaforma Giallo Zafferano, Tatiana Francini, aitrice del blog La Tati Pasticciona, fucina di ricette golose, infallibili e sfiziose.