Quando ho acquistato la polvere di carbone vegetale dai Molini Spigadoro su suggerimento di un’amica, ero indecisa su quale sarebbe stato il primo utilizzo. Proprio in quei giorni su Facebook si apriva una interessante diatriba sui problemi dell’utilizzo del carbone vegetale, chiaramente amplificati da chi non ci capisce un bel niente, da chi ha sempre utilizzato il carbone vegetale per togliersi l’aria dalla pancia e che è facile da “condizionare” un po’ come i militanti dell’Isis… ho visto cose che voi umani…
Tutto è nato da una mozzarella nera (che più che nera era color cacca) e si è finito per demonizzare il carbone vegetale!
Ho letto di gente che ne proibiva addirittura l’utilizzo perchè “inibisce gli effetti della pillola anticoncezionale” (cit.)… un po’ come dire, mangi un prodotto nero ottenuto con l’utilizzo del carbone vegetale, passi una notte d’amore (o una sveltina) e rimani incinta! Tutte esagerazioni chiaramente, tenuto presente che il carbone vegetale che si utilizza per 1 kg di farina è di soli 10 grammi. Chiaramente, come tutte le cose, il troppo stroppia, ma la gente che non si apre al nuovo farà sempre lotte contro i mulini a vento, come il buon Don Chisciotte.
Sta di fatto che dopo questa discussione la mia voglia di mettere le mani in pasta era sempre più grande. E così ho optato per la focaccia proposta dagli stessi chef di Molini Spigadoro tra le ricette di esempio di cosa si può fare con il loro prodotto.
Solitamente non faccio fatica ad ammettere se ho tratto ispirazione o rifatto “pari pari” una ricetta presa da altri foodblogger o chef che dir si voglia… la malizia sta negli occhi di chi guarda o di chi vuole vedere il marcio ovunque (essendo abituato ad averlo quotidianamente nella propria vita). Ho seguito alla lettera il procedimento descritto dallo chef Luca Antonucci e ho dato vita ad una focaccia nera al carbone vegetale da urlo, con una alveolatura mai ottenuta prima in tutte le focacce precedentemente fatte.