ER FINOCCHIO SERVATICO
(Poesia di Leonardo Spicaglia)
Si a lujo bazzicate la campagna
cercate ‘n po’ de favve cascà l’occhio
su ‘na pianta fiorita che se magna,
che sarebbe la pianta der finocchio.
Tra le prode e le fratte ppe’ cercallo
basta guardà le macchie de colore
perché er finocchio fa ‘n’ombrello giallo.
Voi dovete da coje proprio er fiore.
Fatelo seccà a l’ombra bbene bbene
che, ‘na vorta levati li zeppetti,
in un barattoletto se mantiene.
Poi connitece carne de maiale,
pollo, funghi e patate a tocchetti,
così ve scorderete de sta’ male.
Il finocchio selvatico (nome scientifico Foeniculum vulgare), comunemente chiamato finocchietto, è una pianta aromatica, officinale coltivata nell’orto a scopo alimentare per aromatizzare insaccati e pietanze, ma di fatto è una pianta spontanea, perenne, dal fusto ramificato, alta fino a 2 m. Possiede foglie che ricordano il fieno (da cui il nome foeniculum), di colore verde intenso e produce in estate ombrelli di piccoli fiori gialli, cui seguono i frutti prima verdi e poi grigiastri.
Del finocchio selvatico si utilizzano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti (impropriamente chiamati “semi”).
La raccolta del fiore del finocchio selvatico avviene in Italia appena il fiore è “aperto”, normalmente a partire dalla seconda metà d’agosto fino a settembre inoltrato. Il fiore si può usare fresco o si può essiccare, all’aperto ma lontano dai raggi diretti del sole, che farebbero evaporare gli olii essenziali in essi contenuti.
Le “barbe” o foglie e i teneri germogli si possono cogliere invece dalla primavera all’autunno inoltrato, e possono essere consumate fresche o congelate previa una leggera scottatura in acqua bollente. E’ preferibile raccoglierlo in campagna lontano dalle strade trafficate e l’ideale sarebbe coglierlo asciutto dopo una bella pioggia estiva.
I piccoli semi hanno una forma schiacciata e allungata, con colori che variano dal verde chiaro al marrone. I semi essiccati si possono acquistare interi oppure macinati e devono essere conservati lontano dalla luce, in vasi con chiusura ermetica.
Il finocchietto selvatico predilige i climi mediterranei caldi e asciutti, ama le esposizioni molto soleggiate dove cresce forte e rigoglioso ed è una pianta che generalmente si accontenta delle acque piovane ma nei periodi di prolungata siccità andrebbe irrigata almeno ogni 15 giorni. Proprio per questo è facile trovarlo in campagna o in terreni incolti dove crea meravigliose macchie di colore giallo all’apertura degli ombrelli dei fiori.
Il finocchietto selvatico ha un profumo misto tra miele, liquirizia e carrubo ed è un prodotto unico nel variegato e profumato mondo delle erbe aromatiche. Non è troppo tardi per andare a raccogliere del finocchietto perché ci saranno ancora dei meravigliosi fiori da prendere almeno per un altro paio di settimane. Vi consiglio di farlo perché il finocchietto selvatico è un’ottima pianta da usare in cucina sia per le proprietà benefiche sia per l’aroma che conferisce alle pietanze.
Le foglie del finocchietto selvatico sono molto fresche e dall’aroma meno deciso dei semi. In Sicilia si usano per profumare ottimi piatti di pasta, come la famosissima Pasta con le Sarde, o le carni bianche, come il pollo al forno. Mescolate ad altre erbe aromatiche primaverili aromatizzano delicatamente i piatti a base di uova.
I semi essiccati, invece, sono ottimi da usare per le preparazioni al forno, alla brace o alla griglia come le patate o la carne di maiale, di agnello, di anatra (ottima è la “Nana” in porchetta, l’anatra così come si chiama in Toscana) e hanno la proprietà di renderle più digeribili. Si usano inoltre per aromatizzare l’acqua in cui si lessano le castagne, per profumare le olive nere o i fichi secchi messi a conservare.
Si trovano i semi di finocchietto nella composizione delle salsicce in Campania e in alcuni salumi (la Finocchiona toscana, ad esempio). Sono perfetti per aromatizzare i tarallini in Puglia, pane, ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane. Parecchi liquori sono aromatizzati con il finocchio, tra questi il gin, l’assenzio e alcune acquaviti.
Ottimo per profumare il pesce arrosto è l’ olio al finocchio, ottenuto lasciando macerare in esso alcuni gambi essiccati.
Altro preziosissimo ricavato del finocchietto selvatico sono i fiori, che compaiono a fine estate raggruppati in simpatici ombrelli gialli.
In Maremma e in Tuscia i fiori di finocchio essiccati trovano larghissimo impiego in cucina, nei piatti a base di carne di maiale (fegatelli, braciole, costarelle alla brace, salsicce in padella con olive o con patate) come pure in alcuni insaccati tipici casalinghi come il sanguinaccio, la susianella o le salsicce nere essiccate con finocchio e uvetta. Oltre al maiale, questi fiori vengono utilizzati anche con le patate e nei piatti a base di coniglio come il coniglio in porchetta o il coniglio in umido alla viterbese, ma non manca neanche nel pollo arrosto o in quello in padella con le olive o nei piatti a base di pesce di lago come la tinca imporchettata.
Si usano per profumare le lumache al tegame, il baccalà arrostito alla griglia e perfino in un sugo tradizionale al finocchio in uso a Vitorchiano (VT) per condire i lombrichelli, antica pasta casalinga a forma di spaghettoni, fatta con semplice acqua e farina.
La raccolta dei fiori di finocchio è abbastanza facile. In estate, quando il finocchio è in piena fioritura, si raccolgono gli ombrelli ancora in fiore, che vanno messe a seccare, quindi stropicciandole fra le mani o passandole al setaccio si ottiene una sostanza fine, dal profumo intenso e caratteristico, che contiene sia i fiori sia i piccoli frutti non ancora maturi, e che gran parte delle famiglie del viterbese conserva in barattoli di vetro come scorta per essere utilizzata in cucina durante tutto l’anno. Bisogna munirsi di forbici e recidere l’ombrello per poi riporlo delicatamente in un cesto o una busta facendo attenzione a non far cadere i semi.
Questi “fiori di finocchio”, che non si trovano in vendita come prodotto industriale, si possono reperire nei tradizionali negozi di frutta e verdura di quelle zone dove fiorisce questa pianta o si deve sperare che qualcuno ne regali un vasetto.
L’espressione “lasciarsi infinocchiare” deriva dall’abitudine dei cantinieri di offrire spicchi di finocchio a chi si presentava per acquistare il vino custodito nelle botti. Esso infatti contiene sostanze aromatiche che rendono gustoso anche un vino di qualità scadente o prossimo all’acetificazione.
“Foeniculum pellit spiracula culi”, il finocchio espelle l’aria dal ventre, si legge in un trattato medioevale della Scuola Medica Salernitana (XI secolo). Infatti il finocchio ha la proprietà di ridurre la flatulenza e il meteorismo ed è usato come digestivo. Se masticati, i semi di finocchio combattono l’alito pesante e impacchi fatti con cotone imbevuto nell’acqua del loro decotto calma gli occhi arrossati.
La ricetta è stata preparata anche da Sara Sguerri del blog Pixelicious, con la quale ha partecipato al The Recipe-tionist di Flavia che mi ha vista vincitrice.
Anche Lucia Melchiorre ha preparato le focaccine in versione pizza intera, per la mia vittoria al The Recipe-tionist di Flavia.