Qual è per voi la portata più confortante in un pranzo o una cena?
Dimenticatevi per un momento di essere a dieta se, come me, lo siete, è proprio una domanda a cui rispondere di getto. Quello che per voi è irrinunciabile in un pasto, la portata a cui non rinuncereste, senza i “non posso“, “non dovrei“, “il dietologo mi ha detto di abolirla“. Per me è la pasta. E quando si tratta di pasta ho gusti estremamente sofisticati.
Innanzitutto io detesto la pasta rigata. Se il motivo per cui voi la comprate è che le righe raccolgono più sughella, vi sbagliate. Una ottima pasta liscia, rugosa, porosa, piena di amidi, come quella di Gragnano, fa lo stesso medesimo lavoro, se non addirittura meglio. L’amido che rilascia, che rende qualsiasi condimento cremoso al pari di quanto accadrebbe se la voleste “risottare”, è come una calamita per il sugo, lo fa aderire al maccherone in un matrimonio d’amore. Qualsiasi condimento sia, fosse pure il burro e parmigiano.
Figuratevi la mia gioia quando decido di stare volutamente male mangiandomi un sacrosantissimo piatto di pasta e vado a cercare nella scatola del golosone, quella che ho ricevuto da Pasta Di Martino, la migliore del mondo secondo me. Potrei scegliere pure ad occhi chiusi, tanto la formula “ndo cojo, cojo” con quella pasta funziona sempre.
Ultimamente ho un amore per la robiola nei condimenti di primi e secondi e nei ripieni. Se ripenso a cinque/sei anni fa, quando partecipai ad un contest sulla cheesecake per vincere una Kitchen Aid, che ovviamente non ho vinto, il giudice della sfida mi disse che se al posto del Philadelphia avessi usato un formaggio italiano, ad esempio la robiola, avrei potuto concorrere per la vittoria. Lo detestai, dissi “ma che diamine c’entra la robiola nella cheesecake, perché devo rendere italiano un dolce che nasce americano“. Ora la preparerei, se la robiola per le dosi della cheesecake obbligatorie in casa mia, non mi venisse a costare quanto un Dyson (e ora so che Alessandro che mi legge, mi chiederà via Whatsapp quando è stato esattamente il momento in cui sono diventata all’improvviso taccagna).
Ho pensato quindi di utilizzare la robiola, appena fusa in un pentolino per renderla cremosa con un goccino inquantificabile di latte, e di scioglierci dentro lo zafferano in pistilli che mi è stato regalato da Muna, la bellissima e dolcissima proprietaria di Spezie Madani, distributore di zafferano iraniano pregiatissimo direttamente dalla Persia.
Ci ho condito la fusillata casereccia, uno dei miei formati preferiti dopo i fusilli bucati corti, perché è versatile, accoglie il sugo in eccesso nel lungo solco arricciato che la caratterizza. E poi è bellissima e in foto rende benissimo, non trovate? Io sono profondamente convinta che ci sono alcuni piatti che richiamano un formato di pasta specifico e quello soltanto. Ad esempio, le farfalle impazzite, io ho provato a farle con un altro formato di pasta (avevo tutti gli ingredienti meno che le farfalle), ma non viene la stessa cosa. E credetemi, detto da me che considero le farfalle il formato peggiore di pasta che possa esistere dopo i tortiglioni che portano la bandiera, è proprio così. I fusilli bucati corti la morte loro è il sugo pomodoro, basilico e ricotta, così come per la pasta e patate non esiste un altro formato se non la pasta mista corta. E potrei proseguire per ore.
Tra la bellezza della pasta, il colore strepitoso che lo zafferano ha dato alla crema di robiola, la confezione delicatissima e particolare dello zafferano stesso, fotografare questo capolavoro di gusto per me è stata una gioia.
1 Comments
Luisa Sorrentino
1 Settembre 2021 at 8:09
Un piattino mo’ mo’ non guasterebbe. La pasta Di Martino é anche la mia preferita, e concordo pienamente sulla pasta liscia che, se fatta a dovere, è meglio della pasta rigata.