Alziamo subito le mani. Magari per voi gli gnocchi sono qualcosa di diverso, di più regolare e rigati. Questi a casa mia, che sono senza patate e lisci perché incavati a mano sulla spianatoia e senza rigagnocchi, si chiamano gnocchi lo stesso, e sono fatti di sole acqua e farina. Due ingredienti di numero (se non vogliamo contare un cucchiaio di buon olio extravergine di oliva e una presa di sale). Scazzuoppoli, così li chiamava mio nonno, e come li fa mia madre non li fa nessuno. Nemmeno io.
Nove volte su dieci che li preparo vengono fuori palle di cannone, mentre quelli di mia mamma sono soffici, morbidi, delicati. Eppure le ho filmato le mani e il procedimento per la preparazione, ho studiato per anni il modo in cui li prepara, ma non mi vengono mai così.
Mia madre non ha dosi, fa tutto a occhio e sente “con la sola imposizione delle mani” se la consistenza è giusta, se manca acqua o se è poca la farina.
Questa volta mi sono messa con bilancia e cucchiaio alla mano e per 500 ml di acqua che ho fatto bollire, ho utilizzato poco meno di 430 grammi di farina. Così finalmente si riesce a partire da una base indicativa di dosi. Poi dipende tutto da mille fattori, da quanto calcio avete nell’acqua di rubinetto (non ci penso nemmeno ad utilizzare le bottiglie di acqua per fare gli gnocchi), dalla farina che utilizzate. Nella scheda ricetta sarò precisissima e vi scriverò anche quale farina ho usato io per questa quantità di acqua di rubinetto.
Ad ogni buon conto, questi gnocchi incavati, per raccogliere meglio il sugo (provare per credere) erano il pranzo della domenica a casa mia, molto molto spesso. Quando mia madre preparava gli gnocchi, mio cugino spesso si autoinvitava a pranzo, facendo incazzare sua madre perché le diceva “tu gli gnocchi come quelli di zia non li sai fare” (cit.), e salivano a casa nostra i miei nonni che abitavano al terzo piano. Spesso arrivavano anche zia Rosa e zio Rino con la guantiera di pastarelle, e le domeniche a casa erano sempre serene (tranne quando mia madre ci ricordava di fare i compiti per il giorno dopo).
Il rituale iniziava di mattina, con mia mamma che con le mani di amianto impastava la farina versandoci l’acqua da un bollilatte che si posizionava accanto alla spianatoia, e io e mia sorella che sistemavamo maniacalmente come soldatini gli gnocchi appena incavati uno accanto all’altro, spolverandoli leggerissimamente di farina ogni tanto. Col tempo e crescendo ho avuto un upgrade e potevo incavarli, mentre il taglio del salsicciotto lo faceva lo stesso mia madre che stabiliva il loro calibro e quello del salsicciotto.
Quando poi ero abbastanza grande per fare i tagli mi ero intanto scocciata di aiutarla.
Ho preparato questi gnocchi acqua e farina proprio ieri, trovandomi a casa da sola seppure fosse domenica, e per la collaborazione ripetutasi anche quest’anno con Pomì. Li ho conditi come faceva mia mamma, senza stranezze e con un sugo di pomodoro semplicissimo, aromatizzato dal solo basilico. Quando poi la passata è buona già di suo (pensate che io la passata Pomì la uso a crudo sia per la preparazione della parmigiana sia sulle teglie di pizza fatta in casa), serve davvero poco. Una pioggia abbondante di Parmigiano e il piatto è completo e si chiede il bis. Io lo ho fatto, ne ho mangiati due piatti.
Io non ho mai fatto la passata in casa, a casa mia non si usava. Mio zio ha sposato la proprietaria di una importante industria conserviera, e i pelati e le passate le avevamo sempre a disposizione. Nemmeno ora che ho iniziato a muovere passi importanti in cucina ho mai sentito la necessità di farla. Innanzitutto ho paura del botulino, e poi non amo gli odori impegnativi che si sprigionano nell’aria quando si fa la passata comme il faut, ossia bollendo pomodori (e niente altro) poi passandoli, imbottigliandoli e compagnia bella. Per carità dover poi ripulire i rimasugli delle pellecchielle che rimangono nel passino. Che poi io penso che ne valga la pena e che il gioco valga la candela solo quando i pomodori sono i propri, ossia quando si ha una campagna e una produzione di pomodori tale da doverli utilizzare contro gli sprechi. Ma se poi si devono anche comprare i pomodori (come diceva Luciano De Crescenzo, pomodori che non abbiamo conosciuto di persona), tanto vale comprare le passate belle e fatte.
Per me il problema non si pone nemmeno ora che non vivo più con i miei, perché collaboro con uno dei migliori marchi di pomodori, sia in polpa, che in pezzettoni che in passata. Che fortuna!