Uno zio oramai defunto di mio padre, anni e anni fa sposò, senza avere figli da lei, una donna altissima e biondissima, torinese, molto fine ed elegante, vista da tutti noi nipoti acquisiti come donna “diversa”.
Questa zia era più algida, meno spontanea di noi che siamo stati sempre più caciaroni e cerimoniosi, pur essendo una bravissima signora, sembrava sorridere a comando, sembrava ricordarsi di tutto e di tutti, ma in realtà, lei si limitava solo a rispondere e a ripagare gli altri con la stessa moneta, e la moneta di scambio erano gli auguri, i regali e la cortesia.
Riceveva gli auguri di compleanno? Ti faceva gli auguri di compleanno.
Non riceveva auguri per l’onomastico? Non ti faceva gli auguri per l’onomastico.
Le facevi un regalo per Natale? Ti arrivava un regalo per Natale, ma se a Pasqua non c’era una colomba o un uovo di Pasqua per lei, potevi stare sicuro che un uovo di Pasqua, anche se avevi 4 anni e te lo aspettavi, da Torino non arrivava.
Sono trascorsi anni, nel frattempo i rapporti con questi zii torinesi si sono “incalcariti”, mio zio è mancato diversi anni fa e credo che anche la zia non sia più su questa terra (o forse si, ma ripeto, le famiglie non si parlano più da millenni).
E di recente ho vissuto un deja-vu. Non tra i parenti, ma nel campo delle amicizie.
Amicizia è una parola della quale si abusa, tanto quanto si può abusare di caffè, di alcool o di cioccolato (e nel mio caso di cozze).
A lungo ho considerato amiche persone che mi meravigliavo si ricordassero tutto di quanto raccontavo, perché non mancavano mai di un pensiero per ogni evento o appuntamento della mia vita, per poi scoprire che se lo segnavano in agenda, per fare la parte delle sante e di quelle che si ricordavano tutto.
Amiche che mi adulavano “pro domo sua”, le quali fintanto che gli servivo si preoccupavano di me a distanza, prescrivendomi addirittura medicine e cure omeopatiche se solo facevo uno starnuto.
Amiche che si mettevano in allerta per ogni mio silenzio, che è diventato poi seraficità o sinonimo di incazzatura quando non gli sono servita più. Ed io sempre lì a farmi in quattro per loro, per queste belle amiche che di amicizia non ne sanno nulla.
Amiche che quando hanno pensato che il mio saper fare potesse essergli di intralcio in possibilità lavorative mi hanno descritta al pari di una disabile per togliere motivazione nelle persone che dovevano coinvolgermi nei propri progetti.
Amiche che anziché gioire come io facevo dei successi reciproci, sminuivano sempre il mio operato, e io come una scema consideravo le loro parole come critiche costruttive (le mie foto si riducevano a due nastri e due noci buttati su un bancale e le mie preparazioni a “un rutto” da commentare e condividere).
Amiche che di me e della mia generosità, materiale ed intellettuale, se ne sono approfittate, per poi dire, ad esempio, che i regali ai quali hanno sempre attinto a piene mani erano un mezzo per “comprarmi” attenzione.
Amiche che hanno finto di aiutarmi in momenti brutti della mia vita, ma che lo hanno fatto solo perché potessero dire un giorno “io per te ho fatto questo”.
Se dovessi mettere sulla bilancia tutto quello che ho dato e quello che ho avuto, in termini morali più che materiali, devo dire che le ultime amicizie sono state per la maggior parte un fallimento, e proprio negli scorsi mesi me ne sono liberata ben volentieri. Un bel dominae repulisti periodico fa sempre bene. Sono stufa di dare e non ricevere, non in termini materiali perchè per fortuna nella mia vita non manca niente, ma in termini morali, umani e personali.
E mentre si abbassa il piatto della bilancia che contiene i miei anni, si alza e diventa più leggero quello che contiene queste “amicizie”. Lì dentro ci sono oramai solo le persone vere, quelle per le quali non vi è nessun bisogno di muovere i miei fili come fossi una marionetta, che si ricordano di un compleanno o di un esame di uno dei miei cani perché ne hanno davvero interesse, quelle con cui c’è empatia, condivisione di vita privata, anche a km di distanza. Quelle persone impegnate a vivere una vita vera piuttosto che formalizzarsi su quante volte gli viene chiesto in chat di Facebook “come stai”, o che ti mettono due like se tu gli hai messo due like, e 3 like se 3 sono stati i tuoi.
Alla fine della fiera mi ritrovo con qualche anno in più sul groppone e tra i capelli, meno conoscenti, più persone che mi stimano per quello che sono e non per quello che possono ottenere, e pochissimi ma ottimi amici. Quelli a cui non regali una Crockpot ma a cui daresti un rene, fosse pure dopo un silenzio durato anni… perchè sai che ci sono, perchè sanno che io ci sono per loro e perchè per loro le tue priorità sono importanti al pari delle proprie.
Molly e Cristiano sono due di queste persone, silenziose, attente, presenti, fatte della stessa sostanza di cui sono fatta anche io, probabilmente più sensibili di me che sono stata indurita dagli eventi degli ultimi anni della mia vita e che ho una scorza più dura della loro e che sembro essere più strafottente, ma soprattutto due persone che mi conoscono bene e che sanno cosa penso e cosa provo anche se non dico una sola parola. Due persone che leggono il mio silenzio mai come una chiusura ma come un segnale di aiuto, e sono sempre lì a porgermi una mano, un braccio, una spalla, un orecchio (data la mia logorrea), e due persone che amano la buona tavola proprio come me, ottime forchette e ottimi “cucinieri”.
Già nel recente passato ero ricorsa a Cristiano per la ricetta delle Sarde in Saor…
La Molly invece fa un pane invidiabile nella forma e nel sapore, e presto il mio sito ospiterà la sua ricetta step by step, e la Gramigna con la Salsiccia, e oggi riporto qui la sua ricetta, laddove per “sua” si intende “quella che prepara lei” da anni, e che è il piatto preferito dal loro piccolo Mattia.
Questa è la ricetta che lei utilizza tratta dal libro 88 Modi di Condire la Pasta di Giuliana Bonomo.
Per il procedimento della preparazione del ragù, visto che non ho apportato nessuna modifica se non per gli ingredienti (2 bicchieri di vino bianco anziché uno di vino bianco ed uno di brodo di carne, e solo rosmarino anziché rosmarino e salvia), vi rimando alla foto tratta dal libro presente nella premessa alla ricetta.
Cuocere la gramigna, formato di pasta che adoro, e condirla con il ragù appena preparato. Mangiare calda.
Daniela Ceravolo, del blog La Forchetta sull’Atlante, ha cucinato questa pasta, durante il mio mese da vincitrice del The Recipe-tionist, sostituendo la gramigna con delle ottime caserecce. Vedete la sua versione, golossissima, cliccando qui.