Partiamo subito col dire che la verza a casa mia non è mai andata molto per la maggiore. Probabilmente la preparava solo mia nonna, in calderoni fumanti con qualcos’altro dentro, di cui non ho ricordo, tranne che per l’odore, che era di sicuro tra quelli che non amavo. Paragonavo infatti spesso qualcosa di maleodorante e non ben definibile, alla puzza della verza. Però io questa verza, cruda, non mi ero mai soffermata a guardarla. Mai avrei sospettato che un giorno, a 42 anni, me ne sarei innamorata, prima visivamente e poi per il suo sapore.
La verza era il simbolo della bambola più bella che abbiamo mai avuto in casa la Cabbage Patch, Camilla, che mia sorella aveva ricevuto da piccola in regalo per l’Epifania. La verza è il cavolo sotto il quale nascevano i bambini (a me in verità veniva raccontata la storia della cicogna), la verza è il secondo ortaggio perfetto che oggi ho timore reverenziale di cucinare, con la paura di rovinarne la bellezza.
Guardate le sue foglie, con quelle venature simili al sistema linfatico e venoso umano, così precise, perfette, incroci che si dipartono, prendono strade diverse e poi si rincontrano… su quel verde perfetto che tanto amo e di cui vi avevo parlato nel post su Instagram di presentazione delle lasagne ai broccoli romani di Lydia e Giovanna.
Ora non crediate che chissà quante cose ho cucinato con la verza, per questo 2020 vi dovrete accontentare solo di centinaia di ricette con broccoli e cavolfiori (ne riparliamo nel 2021). La prima ed unica ricetta, che avevo visto in giro un po’ ovunque, ripiena della qualsiasi, sono stati questi involtini, meravigliosi, verdissimi involtini, col ripieno che più garbava a me: patate, formaggio filante e speck (o pancetta).
Mi hanno sempre intrigata, incuriosita, stimolato le papille gustative, e anche se so che la morte sua sono i ripieni di carne, salsiccia in primis, o anche misto di carne e riso, ho preferito iniziare a fare la conoscenza della verza con un ripieno per me più rassicurante, le patate. Per altro ho deciso di prepararle in occasione dell’iniziativa della sana schiscetta a cui partecipo, oramai lo sapete, ogni venerdì su Instagram. Mentre di solito si ha un ingrediente specifico uguale per tutte noi blogger ed instagrammer “light”, a ‘sto giro la schiscetta è a tema libero, basta che ci siano tutti i componenti bilanciati del pasto sano per eccellenza: carboidrato, verdura e proteina.
Ho usato le patate come fonte di carboidrato e zucchero, la verza come verdura e lo speck, sgrassato, come proteina, unita al formaggio filante senza lattosio, affumicato tanto quanto lo speck (io utilizzo dei formaggi affettati di marca Consilia, eccezionalmente buoni) e una manciatina di Parmigiano 30 mesi, che Rosselli mi ha sdoganato ad utilizzo libero.
Considerato che la verza la puzza la fa solo in cottura, ma che poi diventa deliziosa, morbida, e assume il sapore di ciò con cui la si accompagna, voglio dire che questi involtini, che ho mangiato anche il giorno dopo, sono buoni anche freddi o appena stiepiditi, perciò sono adattissimi anche a far parte di una schiscetta. Se al lavoro avete un microonde in dotazione (di solito le aziende lo mettono a disposizione, immaginando che chi non sfrutta la mensa possa averne bisogno) siete a cavallo, ma se non lo avete, state tranquilli che sono mangiabilissimi anche freddi. La sola cosa di cui vi dovrete preoccupare sarà la reazione di chi la verza non la ama, e si troverà nella stessa vostra stanza ad ora di pranzo, allo scoperchiamento della Bento Box. Portatevi dietro i sali (o un giubbotto antiproiettile)!