Le madeleines sono dei piccoli e soffici dolcetti dal sapore di mandorla, burro e limone, a forma di conchiglia da un lato, data da una teglia particolare nella quale vanno cotti e con una piccola e umida gobbetta dall’altro lato. E più che la decorazione a conchiglia, ciò che è difficile ottenere nelle madeleines è invece proprio questa gobbetta.
A parte quelle di pasticceria o industriali, di cui sono pieni gli scaffali dei supermercati, facendo le madeleines in casa la gobbetta non è scontata. Si ottiene solo in una maniera: grazie a uno shock termico. Infatti si dovrebbe tenere la teglia con dentro l’impasto per una intera notte in frigorifero prima di cuocerli in un forno decisamente rovente. E’ proprio questa escursione termica senza mezze misure che garantirà ai vostri dolcetti quella deliziosa e soffice gobbetta. E se non potete resistere, di ore di riposo in frigorifero ne bastano 3.
Le madeleines erano tra l’altro il dolcetto preferito di Marcel Proust, che così ne parlava nella sua opera Alla Ricerca del Tempo Perduto.
Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un poí di té. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del té nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena.
Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me.Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove mi era potuta venire quella gioia violenta ? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della maddalena. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva? Che senso aveva? Dove fermarla? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire.
E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. E’ stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora ), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito.
Il gusto delle madeleines, nonostante il limone e la mandorla, è molto delicato, e ben si sposano con un tè, anche se io preferisco pucciarle nel latte o anche mangiarle così, al naturale, semplici e appena raffreddate dopo la cottura. Adoro la loro consistenza simile al plumcake, quella sensazione di umido che rimane nella bocca.
In giro si trovano diverse versioni di madeleines. Csaba le propone al cioccolato, Sigrid del Cavoletto le propone con miele e un aroma di fiori d’arancio (ma per me l’acqua di fiori d’arancio si usa solo nella pastiera, e non avrei mai voluto sentire il sapore di pastiera in un dolcetto che per me sa solo di mandorla). Io però mi sono affidata a Lucia Melchiorre e per interposta persona ad Assunta Pecorelli, sua fonte per diverse preparazioni dolci di cui è “masta“. E Assunta a sua volta le ha prese da Montersino!