Durante questi giorni, ad oggi 66 giorni, di prigionia dorata, ho avuto modo di riflettere su tutto quello che ho fatto fino ad oggi sul blog, grazie a uno “‘ntuosseco” avuto dalla mia famiglia.
Ho sempre pensato che quei 4 lettori che il mio blog aveva avuto, prima del mio arrivo su Instagram e dell’impennata pazzesca nei 10 giorni prima di Pasqua, fossero i miei familiari, ma mi sbagliavo. Durante questa quarantena tutta Italia ha fatto il pane e i prodotti da forno in casa, inclusi mia madre, mia zia e mio fratello.
Pane senza impasto, cotto in pentola, gare di alveoli, corsa al pacco di farina più quotato e ricerche spasmodiche di quel lievito di birra, fresco o disidratato, che ad oggi è quotato in Borsa subito dopo Facebook.
Peccato che io il pane senza impasto l’ho preparato e pubblicato sul blog circa 5 anni fa, quello vero originale e unico, partorito dalla mente geniale di Jim Lahey (fatemi la cortesia, informatevi prima di gridare al miracolo del pane in pentola di recente scoperta, esiste da tempo e andrebbe reso onore e merito a chi si è fatto ‘nu mazz’ tant’) e che è stato miserabilmente snobbato dal “pane comodo” di Benedetta Rossi (è lo stesso ma con un altro nome). E peccato soprattutto che il pane che ha fatto mia madre, quello che ha fatto mia zia, fosse quello di Benedetta.
E oltre al danno, anche la beffa… video con invito ad alzare il volume al massimo per farmi sentire il suono del taglio della crosta.
Nemo Propheta in Patria si dice… ed è verissimo.
Dopo il pane e un mio cazziatone, mia madre ha sfornato i tarallini pugliesi, e dopo la prova fotografica sulla chat di famiglia di Whatsapp, ho chiesto ingenuamente – “Sono i miei?” – ricevendo la candida risposta di mio fratello – “Ah ma perché sul blog tuo pure ci stanno?”.
Due giorni prima mia zia mi dice, con un tono quasi gaudente, “Tua cugina ti mette le corna con Chiarapassion”. La paciera mia sorella per mettere una pezza ha detto “Vabbeh ma le tue ricette hanno sempre quell’ingrediente introvabile, quella spezia snob, quel particolare che manda al manicomio”…
A posto, da oggi ricette facili, cialtrone, con 4 ingredienti. Poi voglio vedere se la mia famiglia trova una ennesima scusa per affidarsi a Benedetta o a Cucina Moderna Oro.
Tipo questa. Sofficini col pancarrè per i tramezzini, quello senza la crosta, morbido talmente tanto che se date il morso più profondo, vi si attacca al palato e rischiate l’asfissia, avete presente? Qualsiasi marca va bene, anche Eurospin. Basta che sia sintetico, moscio e appiccicoso.
Non dovete fare altro che prendere le fette di pane, appiattirle col mattarello, tagliarle tonde con un coppapasta grande almeno 12 cm (o con un barattolo rovesciato e tagliate intorno col coltello), farcirle e chiuderle a mezzaluna, con acqua se volete, o pizzicotti come ho fatto io… tanto ve l’ho detto già che è appiccicoso.
Li ho trovati facendo “zapping” nella sezione Esplora di Instagram, preparati da una blogger di punta di Giallo Zafferano.
Personalizzabilissimi nel ripieno, potete davvero farcirli come volete, cercando però di essere precisi nel posizionare la “farcia” che avrete eletto la vostra preferita. Sia che essa sia molle, sia sostenuta come la mia (Gouda e prosciutto cotto), essa va posizionata lasciando il bordino da sigillare libero, pena la fuoriuscita del ripieno in frittura e penetrazione dell’olio all’interno, tradotto, ‘na zozzeria.
Quando ho mandato su Whatsapp al Lucia S. la fotografia del making of, mi ha rimandato la stessa con un disegno fatto con le dita, che vedete qui sotto con la scritta: O fridd ‘ncuoll… il freddo addosso, la pelle d’oca. Non vi chiedo la maniacalità ma la precisione sì. Altrimenti ve la prendete con me e dite che è difficile anche sta ricetta che invece è una cagata mega atomica.