Ogni tanto mi rendo conto di quanto, nel tempo, io abbia terrorizzato e condizionato la mia famiglia, per la questione delle fotografie di food. Ricevo spesso da mia madre fotografie nella chat di famiglia su Whatsapp, di strofinacci dei colori che oramai anche lei ha capito io utilizzo per le foto, di ciotoline a forma di pesce, piatti di Vietri, cestini di vimini e minuscole cassette di legno simili a quelle della frutta, in toni pastello, accompagnate dalla frase “te li ho presi per le foto” o “ti può servire qualcosa?“, e tutti questi accessori, questi props, mi vengono consegnati ad ogni visita dei miei familiari, insieme alle provole, che tanto amo.
Anche quando a fare la spesa non sono io, chiunque sia il delegato di sorta ha il terrore di sbagliare a prendere le mele, perché semmai sono poco belle per esser fotografate, i 3 peperoni richiesti diventano 4 perché “così uno lo metti nella foto”, ma dopotutto sono dinamiche che appartengono a me per prima, che spesso vengo guardata malissimo ai supermercati o ai banchi della frutta perché scelgo tutti i prodotti in base alla bellezza e alla loro fotografabilità.
Nei cani, l’imitazione dei comportamenti, degli atteggiamenti, delle reazioni, che si trasferiscono da madre in figlio/a, e da adulto al cucciolo appena arrivato, si chiama imprinting. Ebbene io credo che anche io abbia dato a chi mi circonda, un imprinting terroristico, riguardo il blog, le foto e la spesa.
E’ per questo motivo che l’altro giorno, al rientro dal veterinario, ho trovato a casa ad aspettarmi un cestino di minuscoli carciofi, e quando dico minuscoli, voglio intendere davvero minuscoli (guardate il carciofo nella mia mano nella foto che segue), presi “perché così puoi metterli nelle foto“.
In quel momento ho avuto un attacco di panico. Non è periodo di carciofi, non avevo carciofi veri (nel senso di “grandi” e non ste “pazzielle”) con cui fare delle ricette nelle cui foto metterci questi bellissimi carciofini appena ricevuti in regalo, non sapevo come conservarli fino al prossimo periodo di carciofi. E così, dopo averne messi 3 sottovuoto e poi congelati, ho deciso che il resto andava preparato in qualche maniera.
Ho chiesto a Sara, Lucia, Flavia, Federica e Cristiana e tutte hanno immediatamente pensato ai carciofini sott’olio. Ma io ho dei problemi con i sott’oli, non li amo e ho terrore di prepararli a casa. Dopotutto i Saclà o i D’Amico, supermega controllati, sono buonissimi. E poi avrei dovuto scrivere un papiello con le norme igieniche da rispettare per fare delle conserve homemade, insomma, non mi andava. Al carpaccio non ci pensavo proprio, perché lo ho assaggiato un paio di volte ma non mi piace, quando è arrivata l’illuminazione da Cristiana.
“Mia madre, o più precisamente, il compagno di mia madre, Marco, ci fa dei minuscoli bocconi di carciofi alla Giudia“
Eccola là, ho pensato, la mia ricetta. Mi si è materializzata la foto perfetta che avrei fatto, i cazzabubboli perfetti li avevo, potevo utilizzare i minuscoli carciofi per fare almeno una fotografia che li includesse, e avrebbero vissuto tutti felici, sazi e contenti.
Ma c’era un “ma”. Io i carciofi alla Giudia non li avevo mai preparati in vita mia. Sempre mangiati, al Ghetto, ma mai preparati… ma sono pur sempre la maga dei fritti, e quindi ho guardato un paio di video in rete su come avrei dovuto fare, e mi sono messa al lavoro. Non è stato semplicissimo, i carciofi mini sono delicatissimi, e nel momento di aprirli e schiacciarli, seppur con delicatezza, sul piano di lavoro prima di friggerli, alcuni si sono spampanati. Ma il risultato che ho ottenuto con i 7 irriducibili, è stato meraviglioso. Nonostante le dimensioni, ho ottenuto carciofini alla Giudia stupendi da vedere, croccanti fuori e col cuore morbido.