Ho sempre amato oltre misura le formine da biscotti dell’Omino di Pan di Zenzero o Omino Biscottino. Ne ho di tutti i tipi e materiali e soprattutto di tutte le dimensioni.
Da Castaldini, la storica ferramente bolognese sotto le due torri, ho preso lo stampo piú piccolo del mondo a forma di omino biscottino, grande quanto il polpastrello del mio dito indice.
É stupendo e ogni tanto durante la gjornata scappo in cucina nella scatola dei cookie cutter per controllare che effettivamente ci sia. Anche perché lo vendono SOLO lí e se lo perdo mi tocca riandare a Bologna. Non che sia questo gran sacrificio per me, amando Bologna.
Quest’anno poi ho usato tantissimo le formine di omino biscottino per preparare sostanzialmente i biscotti per cui sono “nate” i Gingerbread, sia per i mercatini della Caritas a cui ho partecipato portando come contributo venti sacchettini da 250 grammi ciascuno di biscotti, sia per riprepararli prima delle vacanze natalizie per il reparto di fisioterapia che frequento giornalmente da quasi tre mesi.
Peró non ne ho preparati per il blog, secondo la mia infallibile ricetta, perché quelli per il blog li vorrei decorare, facendo loro almeno gli occhi, i bottoncini di un ipotetico abitino, e il sorriso sornione. Per farlo dovrò avere tempo, e soprattutto trovare la Ghiaccia Reale di Pane Angeli, e poi impratichirmi a “scrivere” con essa. Probabilmente per il prossimo Natale avrete i miei omini di pan di zenzero con gli occhi anche qui sul blog.
Ho usato peró i cutter per preparare questi biscotti, tra i piú buoni mai realizzati e di sicuro i piú profumati, visti e copiati pari pari da Daniele Traversaro, autore del blog Dani in Cucina su piattaforma Giallo Zafferano.
Sono partita dalle nocciole col guscio locali (la Ferrero viene a fare scorta di nocciole qui nel vicino viterbese) prese durante i mercatini di Natale da un vecchietto con l’Apecar e i cartelli scritti a mano sui cartoni delle banane.
Ho passato la mattina a sgusciarle, spellarle, tostarle al forno e tritarle per renderle farina (santo Bimby) e ho aggiunto questa polvere granulosa dal profumo inebriante (fidatevi) all’impasto della frolla, una delle poche che ha resistito alla temperatura basale delle mie mani vicina all’altoforno, senza sciogliersi. L’unione col burro fuso ha dato vita a un impasto talmente profumato che non ho resistito, e lo ho assaggiato crudo.
Mi direte vabbeh tutta sta fatica per fare la farina di nocciole quando la vendono bella e pronta… nossignore, la farina di nocciole bella e pronta che per inciso costa sette reni e mezzo, non profuma cosí. Poi voi usatela pure eh. Ma non é uguale.
Anche in cottura il profumo di nocciola si é sparso per tutta casa, finanche i cani giravano come drogati col naso in su per capire da dove venisse quel profumo celestiale. I miei cani sono talmente abituati a me che cucino che nemmeno vengono piú a fare gli stalker in cucina e a fingersi assistenti in attesa che qualcosa mi caschi dalle mani. Ma a sto giro non hanno saputo resistere neanche loro.
Come ripieno ho invece usato quella crema di nocciole che per me ha da qualche anno spodestato la Nutella (e niente c’entra l’assenza di olio di palma): la Nocciolata Rigoni di Asiago.
E no, non é una marchetta, volesse il cielo che i signori Rigoni mi scritturino dopo questa ricetta ma, si sa, i sogni son desideri e io sono tutto il contrario di Cenerentola, pezze escluse.