Stagioni é un libro meraviglioso a firma di Donna Hay. Tutti i suoi libri a dire il vero, sono un compendio di ricette sempre valide, mai passate, nulla che possa definirsi antiquato o “anni 80” termine con cui descriviamo e raggruppiamo tutti quei cibi un po’ ancient regime.
Mi é stato regalato da Cristiana che in un raptus di liberazione della sua cucina di tanti orpelli prima di iniziare alcuni lavori in casa, lo aveva messo in vendita insieme ad altri. Le dissi che li avrei comprati io me invece me li regalò. Il giorno che con lei e Mario Sepe alle 5 del mattino andammo ai mercati generali sulla Tiburtina a comprare il pesce vivo.
Inutile dirvi che lei di questo regalo non ne ha traccia nella memoria, ma dopotutto già qualche anno fa mi ha insignita del titolo di “sua memoria storica”.
Stagioni si compone di quattro insiemi di una ventina di ricette ciascuno divise per stagione e, a parte le capesante, l’halloumi ed i granchi, che non sono di facilissima reperibilità, tutti gli ingredienti stagionali appunto, sono verdure che tutti possiamo trovare sui banchi del mercato o al super. Pertanto é una sorte di Bibbia che credo tutti dovrebbero avere.
Ma non solo. Spesso, parlando dei miei momenti di crisi creativa che non coinvolge solo i testi a corredo delle ricette, ma anche e soprattutto le foto ed i set (specialmente da quando qualcuno travestito da lusingatore ha deciso di copiarli pari pari), ho detto sconsolata “dopotutto non posso pretendere chissà cosa da me stessa, mica sono David Loftus”, dando per scontato che voi sappiate tutti chi sia David Loftus.
Ebbene, tutte le foto, capolavori di set di luce e di colori, a corredo delle ricette di Donna Hay, sono scatti di Loftus. Googlatelo e fatevi una cultura, e se proprio dovete copiare qualcuno, o voi che non sapevate nemmeno che esistono libri specifici sulla Food Photography, copiate lui, che se ne accorge meno.
Rifacendo questo magistrale panfocaccia ai cipollotti in agrodolce, avrei potuto copiarlo anche io lo scatto di Loftus, ma lascio che siano altri a ricorrere a questi mezzucci, a coloro che senza fantasia, gusto e senso estetico malgrado titoli e titoletti, copiano gli altri perché é più facile fare copie carbone dei set altrui anziché inventarne dei propri, fosse pure per diventare dopo qualche tempo, riconoscibili agli occhi degli altri (bonci bonci bo bo bo).
Le fotografie di Loftus sono dei capolavori di luce per lo più, ma a parte guardarli, ammirarli, capire quanto e come “entrare nel piatto” quando è necessario fare delle macro che mostrino ingrediente per ingrediente, non le ho mai emulate. Non so gestire il bianco, non amo fondamentalmente le foto troppo chiare (a dispetto di queste a corredo della ricetta e della mia fase “luce alla fine del tunnel” che vivaddio è durata pochissimo). Però è grazie alle sue foto che decido di addentrarmi a fare questa o quella ricetta di Donna Hay, lo riconosco.
Veniamo alle cipolle. Le amo, più fresche che secche, ma le amo e le mangio in qualsiasi maniera. Quando però trovo i cipollotti, la mano si dota di vita propria, prende iniziative personali durangte la spesa, e riempie il carrello di mazzetti e mazzetti di profumatissimi e lucidi bulbi candidi, che poi devo mangiare per giorni successivi, possibilmente anche crude, con buona pace di chi mi sta accanto. Dopotutto se in Romania mangiano chili di aglio e cipolla per stare bene di salute e rafforzare le difese immunitarie, e per questo gli si tollera (poco) i fiati impegnativi, chi sono io per farmi scrupolo a mangiare il cipollotto.
Mia mamma lo aggiungeva crudo alle insalate, condendole con olio, sale e aceto, e ci stava da dio. Lo andavo proprio cercando tra le varie foglie. E la prima preparazione che faccio appena li trovo in questa stagione al supermercato, è proprio l’insalata.
E amo fotografarli, soprattutto quando, in cottura, da candidi in partenza, acquisiscono quelle sfumature di rosa come quello in foto in primo piano. Impazzisco e faccio mille scatti, tra i quali in effetti non so mai scegliere. All’altezza di questo cipollotto rosé, potete vedere la sola spaccata (che per Federica Bertuzzi “fa molto rustico e ora si porta“) che si è creata a fine cottura del panfocaccia (per inciso, per Donna Hay questo è u pane, io che sono italiana e mi vengono le bolle a parlare di pane con questo focaccione, ho scelto di trovare una via di mezzo chiamandolo panfocaccia). Ero disperata, già volevo rifarlo, Sara e Lucia nella chat mi dicevano di fotografarlo lo stesso, poi ho visto il cipollotto rosa proprio lì accanto, e alla spaccata rustica non ci ho pensato più. Ho tagliato in cubotti e spicchi il panfocaccia, e ho iniziato a scattare per un’ora.
Volete sapere come la abbiamo mangiata (quella che è rimasta intera dopo i vari assaggi a decantarne la morbidezza)? Spaccata col salame piccante calabrese.
E’ una focaccia facilissima, pensate che nemmeno dovete stare lì a fare pieghe o mille ore di lievitazione. Si usa il lievito disidratato, tempo che lo si fa rinvenire in latte tiepido e zucchero potrete tagliare i cipollotti e metterli in una emulsione di aceto e zucchero, e in 45 minuti la focaccia sarà in forno. Provare per credere.