Un popolano, probabilmente un contadino emiliano, mangia avidamente un piatto di fagioli in un’osteria. E’ questa la “fotografia” impressa nella tela da Annibale Carracci in uno dei suoi dipinti più famosi: il Mangiafagioli. La scena ha pochi elementi: l’uomo mangia senza togliersi il cappello dalla testa, tiene con una mano, quasi a difenderlo, il pane che sta sulla tavola e con l’altra porta alla bocca velocemente un cucchiaio pieno di fagioli, tanto che cade parte del liquido.
Il quadro, che è considerato uno dei capolavori del pittore bolognese, risente della tendenza realistica del fiammingo Pieter van Laer, detto Bamboccio, e dei suoi seguaci chiamati “Bamboccianti”, tutti artisti che introdussero nella pittura raffigurazioni piuttosto grandi di scene di cucina o di bottega, dove era dato particolare risalto ad ortaggi, volatili, pesci e carni.
Annibale Carracci, insieme al fratello Agostino e al cugino Ludovico, fondò l’Accademia degli Incamminati, una delle prime Accademie d’Arte in Italia. Volevano distaccarsi dalla tendenza del tempo di riprodurre in maniera manieristica soggetti sacri o mitologici e per questo insegnavano la riproduzione del vero e della realtà. Nascono così opere, come quella del Mangiafagioli, i cui soggetti sono tratti dalla vita quotidiana e che verranno poi definite come opere di pittura di genere.
In questa categoria si colloca anche un’altra opera di Carracci: “La Bottega del macellaio”, ma in questo caso, oltre alle influenze fiamminghe, il pittore si rifà alle scene del Sacrificio di Noè raffigurate da Michelangelo nella volta della Cappella Sistina e da Raffaello nelle Logge del Palazzo Apostolico.
Tornando al “Mangiafagioli”, qualche sostenitore della cucina vegetariana nota come sul tavolo non ci siano cibi di origine animale: l’uomo si sta rifocillando esclusivamente con cibi vegetali. Fino a dedurre che questo tipo di cibo sia “sufficiente” a garantire il sostentamento di una persona, e che sia stata, inoltre, consuetudine consumare pasti di questo genere: senza carne, senza latticini né uova, e senza dolci o zucchero.
C’è da dire che nelle tavole delle persone più povere in quel periodo (la tela è infatti del 1584) difficilmente si trovava la carne, quindi più che una scelta si può trattare di una necessità. Infatti, per molto tempo i fagioli, e i legumi più in generale, sono stati definiti “la carne dei poveri” proprio perché più economici ma comunque con un contenuto proteico più che soddisfacente. I fagioli, infatti, possono offrire un pasto completo ed equilibrato se abbinati a cereali (pasta, pane, riso e orzo). Non per niente la pasta e fagioli rimane uno dei pilastri della cucina italiana.
Volendo ideare un piatto con gli ingredienti presenti alla tavola del Mangiafagioli, ho deciso che insieme ai fagioli, il personaggio di Carracci avrebbe apprezzato anzichenò le cozze… e l’unione di fagioli con le cozze impone la pasta, i tubettoni, per un piatto saporito e che, come nel quadro, si mangia a cucchiaiate, avidamente.