Fermi tutti, non vi agitate. A fine giugno solo Lidia riesce a trovare i piselli freschi in baccello. Qui a Roma non si trovano più da un pezzo ma, chi è mio amico su Facebook, questa fotografia la ha vista a fine aprile, quando di fatto ho preparato e mangiato la Pasta e Piselli alla napoletana, alla maniera di Lucia.
Quando trovo fave fresche e piselli col baccello, io non ci vedo più, non ragiono. Ne prendo quanti più riesco, e ci preparo mille cose, anche e soprattutto per poter utilizzare quelle bucce che nelle foto mi piacciono così tanto. Così, quando trovai alla Coldiretti i piselli che vedete in queste foto, ne presi due interi sacchetti di carta, e ci preparai ricette per il blog che ho diluito man mano nel tempo. Se non avessi avuto i problemi che oramai sapete che ho avuto con i cani, possibilmente le avrei pubblicate nei loro mesi, ma mi perdonerete se lo faccio invece adesso, alle soglie di luglio.
Era tanto che volevo preparare la pasta e piselli, nella mia famiglia non si è mai mangiata tanto spesso, forse perché a mia mamma non piace, non tanto quanto la pasta con le lenticchie o quella con i fagioli perlomeno, o forse perché li preparava solo mia nonna. Fatto sta che li ho mangiati talmente poche volte, che non ne ho memoria alcuna, nessun aneddoto da ricollegarci, nulla di nulla. Solo che mi piacevano, e anche molto.
Però un ricordo c’è, ossia ricordo che pasta e piselli era il piatto preferito di Patrizia, la figlia del Professor Bellavista, nella più famosa versione televisiva del libro di De Crescenzo, che ho visto talmente tante volte da poterlo recitare a memoria, a distanza di anni. Chiaro, è finzione, ma se dico o sento “pasta e piselli” io penso a quella scena in cui il portiere del palazzo e lo spazzino, consegnano a una felicissima Patrizia che ha rilavato un negozio di Santi, madonne e articoli religiosi, una gamella stretta in uno storfinaccio, con dentro la pasta e piselli mandatale dalla mamma per la pausa pranzo.
Sissignore, perché a Napoli e più in generale in Campania, le pause pranzo, valgono tanto quanto un pranzo seduti a tavola. Uno che se ne fa di un panino, un tramezzino, pazienza se dopo ci si abbiocca, ma a “mezzogiorno” si deve mangiare per bene. Mi ricordo che quando lavoravo a Salerno durante gli studi, prossima alla laurea, la mia collega a pranzo si portava le gamelle a più piani, quelle degli scout per capirci, con primo, secondo e contorno, sempre cose molto odorose, broccoli, fagioli salsiccia e scarole, e dopo era pronta ad affrontare un pomeriggio intenso tra pratiche e lettere dettate da tradurre. E ogni tanto pasta e piselli ce l’aveva anche lei. Una volta sola provai anche io a portarmi un pezzo di gateau di patate dalla sera prima, ma rischiai di addormentarmi immediatamente dopo, e così mentre lei mangiava e si apparecchiava la scrivania con tanto di tovaglietta, io avevo due deliziosi (davvero eh) toast con robiola e tacchino arrosto.
Detestavo quell’odore di basso che si sentiva quando lei finiva di mangiare, in un ufficio, ma alla fine mi ci ero abituata. L’odore della pasta e piselli, la presenza della cipolla dentro, odore che mi è sempre piaciuto moltissimo (altro che puzza!), non mi ha mai però disgustata. Forse proprio per il fatto che la si preparasse troppo poco spesso, era un profumo buono, di nuovo, che mi metteva felicità.
E la stessa sensazione la ho provata quando finalmente ho rifatto pasta e piselli qualche mese fa, per poi pubblicarla oggi per voi. La presenza importante della pancetta, per mia nonna era un “in più”, mentre nella preparazione napoletana per eccellenza è parte integrante del piatto finito.
La pasta si cuoce direttamente nell’acqua di cottura dei piselli, e così viene azzuppuliata come si dice a Napoli, il che si traduce con “né troppo lenta né asciutta”, “sugosa”. La parte “liquida” è cremosa perché l’amido rilasciato dalla pasta fa sì che l’acqua di cottura si ritiri non del tutto e quella che resta diventi cremosa. Io non ve lo so spiegare meglio di così, però sta di fatto che se seguirete le istruzioni, vi verrà azzuppuliata come deve essere, e capirete da soli ciò che forse non vi ho saputo descrivere.