Che bella invenzione che sono i peperoni… oramai si trovano tutto l’anno, anche l’egiziano dove vado a comprarli io ha sempre lucide e lucenti cataste giallorosse (ebbene sì, sono una romana che tifa Roma) 365 giorni l’anno. Ma preferisco mangiare verdure quando è la loro stagione e non vi nascondo che, nel momento in cui arriva l’estate, che detesto con tutte le mie forze, tutti i #ktm svaniscono davanti a un peperone e una melanzana. Arrivo a farne quasi indigestione, quando una cosa mi piace, e nel caso dei peperoni, li ricetto in ogni maniera. L’unica cosa che non so fare è congelarli. E’ una pratica che non mi è mai riuscita con niente, dal pane agli gnocchi preparati in esubero, le verdure anche prelessate si anneriscono fin dal giorno successivo, le erbe aromatiche non ne parliamo proprio.
E così d’estate faccio questo enorme sacrificio e mangio peperoni come se non ci fosse un domani. Qualche esempio delle preparazioni nelle quali utilizzo i peperoni sono la peperonata e le farfalle impazzite.
Ho pensato di preparare una delle ricette di battaglia di mia zia Rosa, i peperoni imbottiti, o come si chiamano a Napoli, i puparuoli ‘mbuttunati.
“Mbuttunato” sta per ripieno, si può “imbuttunare” qualsiasi cosa, dalle alici ai pomodori, ma i peperoni restano uno dei piatti immortali, quando sono “imbuttunati”.
Citati anche in Benvenuti al Sud (so che il mio amico Alessandro, esperto di Cinema come nemmeno l’Uomo Gatto lo era di Musica, al sentirmi citare questo film e non uno di spessore si sta strappando le sopracciglia, ma questo è), i peperoni imbottiti sono un concentrato di profumi e di sapori, a mio giudizio ineguagliabili.
Nelle verdure ripiene ci si mette di solito di tutto, a seconda della propria fantasia e del proprio gusto, a partire dalla polpa stessa della verdura che si è scelto di riempire, e che spesso invece si butta via, ai pomodori, tonno, mollica di pane, spezie ed aromi. I peperoni sono le verdure più facili da riempire, hanno già la forma di una barchetta o di una coppetta e basta eliminarne semi e nervature. Nel caso dei pomodori, delle melanzane, delle zucchine, esse vanno svuotate con attenzione, lasciando una parete spessa circa mezzo centimetro e, soprattutto, evitando di bucare fondo e lati, utilizzando strumenti quali scavini o levatorsoli.
Altro problema che con i peperoni non si verifica è quella fastidiosa acquetta che si crea in cottura con le verdure ripiene. Per ovviare a questa spiacevole sensazione di ospedale nel mangiare una verdura che più che gratinata sembra lessa, basta svuotare le verdure, salarle e capovolgerle su abbondante carta assorbente, in modo che perdano l’acqua in eccesso. Non dimenticate di salare anche la buccia esterna.
Come tutte le preparazioni che sono frutto della mescolanza di vari ingredienti dai diversi sapori combinati insieme, un periodo di “riposo” e assestamento, all’uscita dal forno, diventa necessario. Nel caso dei peperoni ripieni poi, quell’oretta e mezza (che se diventano due è meglio e se fosse il giorno dopo è il climax del sapore) diventa quasi fondamentale. Il ripieno si compatta raffreddandosi, il peperone rilascia meglio i suoi umori profumati e si evita l’ustione della lingua.
Nel napoletano esistono due versioni per la preparazione dei peperoni ripieni, quella con la carne che ha preparato come contributo Lucia Melchiorre del blog Le Ricette di Luci, consultabile qui.
E quella senza carne, con olive, capperi ed acciughe, mollica di pane e aceto di vino, quelli che preparava mia nonna e che fa magistralmente mia zia Rosa.
Unica differenza è che mia zia li prepara in una ampia padella col coperchio, in modo che anche il peperone stesso si cuocia bene, ma di fatto “si ammoscia” e non sta in piedi, e quando si ha un blog, l’occhio innanzitutto vuole la sua parte, perché è attraverso le fotografie che si invita ed invoglia un lettore a ripetere la ricetta.
Io li ho preparati al forno, lasciando i peperoni crudi e croccanti prima di infornarli, e ho soprattutto scelto accuratamente ognuno dei peperoni usati, facendo le prove sugli scaffali del supermercato, sul fatto che stessero in piedi. Il ricovero coatto me lo hanno risparmiato. Una prece.