Sovrano incontrastato di tutte le tavole che abbondano di allegria, soprattutto nel Sud Italia e soprattutto per festeggiare la fine dell’anno, il panzerotto è un croccante scrigno di pasta a forma di mezzaluna che racchiude in un abbraccio un ripieno goloso.
Il termine panzerotto deriva dal dialetto napoletano ed indica il rigonfiamento che prende la pasta lievitata durante la frittura in olio bollente, gonfiandosi a forma di pancia (“panza” in dialetto).
Il panzerotto appartiene alla famiglia delle “pettole” o delle “popizze”, termini con cui si indicano tocchetti di pasta lievitata farciti in vari modi e fritti per immersione in abbondante olio bollente.
Panzerotto in ogni caso è il nome moderno che è stato dato ad una preparazione antica, presente addirittura nel ricettario di Federico II, del XIII secolo. In esso troviamo la ricetta “De Raviolis” a base di “ventrescam porci et ovis, case lacte et coque in patella cum magna pinguedine”.
Il panzerotto napoletano, secondo la ricetta classica della Francesconi, non varia molto dalla versione di Federico II: prevede, infatti, un ripieno di salame, ricotta e formaggio, e viene fritto “cum magna pinguedine”, ossia “in grasso abbondante”.
Altra versione napoletana della pizza fritta è quella che unisce alla ricotta, al formaggio e al pepe, i cicoli (o ciccioli) di maiale, parte residua della lavorazione del grasso di maiale per la preparazione dello strutto.
Ippolito Cavalcanti, nella sua celebre opera “Cucina teorico-pratica” del 1837, scrive che i “panzerotti” debbono contenere “un battuto di ovi, provola grattugiata, mozzarella, prosciutto trito” ecc. e venir fritti “ben biondi con sugna”.
Ma è in Puglia che nasce e si diffonde il panzerotto autentico.
Grande come un raviolo dalle grandi dimensioni notevoli, avvolto su se stesso a formare uno spicchio di luna, il panzerotto barese, farcito con mozzarella filante e pomodoro, rappresenta il prototipo dello street food all’italiana. Basta spostarsi a Lecce per assaggiare un’altra variante con l’aggiunta di olive snocciolate, acciughe, capperi e prosciutto cotto.
La Pizzeria Di Cosimo, a Bari vecchia, vanta una lunga tradizione in fatto di panzerotti.
Qui Antonio Di Cosimo ha avviato la sua laboriosa bottega che oggi suo figlio Mauro porta avanti in maniera sapiente, grazie ai segreti tramandati in famiglia. Le donne di casa realizzavano i panzerotti con ciò che rimaneva della pasta del pane per non buttarla via, formavano delle pizzette tagliate con un bicchiere capovolto e piegate a metà, nel cui ripieno mettevano pomodori e pezzi di formaggio avanzato e creavano in questo modo un piatto caldo completo col quale pranzare o cenare.
I panzerotti sono figli di una cucina di mercato, semplice e del recupero delle rimanenza della pasta per pane, con tempi di cottura rapidi: vengono fritti al momento nelle numerose rosticcerie o chioschetti ambulanti, per soddisfare improvvisi buchi allo stomaco degli avventori. Ripieno classico dei panzerotti pugliesi è pomodoro e mozzarella o ricotta e pancetta; ma si trovano anche versioni golosissime di panzerotti ripieni di porri e tonno, di mozzarella e filetti di acciuga, di carne trita ripassata in padella ed unita a uova e formaggio, o di cime di rapa.
A seconda delle regioni in cui viene preparato, il panzerotto assume nomi diversi.
In Sicilia, invece, il panzerotto viene chiamato pizza siciliana fritta o cazzotto perché, anche qui, con panzerotto si indica una preparazione dolce con una vellutata farcia alla crema, arricchita da gocce di cioccolato o scorzette di limone, spolverata poi di zucchero a velo. Le pizze fritte siciliane sono caratteristiche del catanese, specificamente di Zafferana Etnea, e richiedono la farcia con la Tuma fresca e le acciughe. Nella provincia di Messina si cucina “u pituni missinisi“, una variante di calzone fritto e ripieno d’indivia, caciocavallo, pomodoro ed acciughe salate. Il pituni lo potete vedere nel blog di Sara Sguerri cliccando qui.
In Campania ad esempio, viene chiamato calzone se cotto in forno e pizza fritta se viene, appunto, fritto, perchè con “panzarotto” a Napoli si indica, invece, un’enorme crocchetta di patate che, insieme alla zeppola e ad altri pezzi della rosticceria locale, fa parte del tradizionale cuoppo.
Va però detto che mentre il calzone, cotto al forno, ha le dimensioni della pizza ripiegata a forma di mezzaluna, quindi circa 30 cm, la pizza fritta o il panzerotto, ha una dimensione che varia dai 10 ai 15 cm al massimo.
La mia versione è quella di Raffaele Pignataro, e contiene Mozzarella, ricotta e pepe nero.