Qualche giorno fa riflettevo su cosa significhi “fare rete”. Poi come una folgorazione ho letto Ornella Mirelli, autrice del blog Ammodomio, che nel rispondere ad un commento su Facebook sotto un piatto di riso spettacolare, ad un certo punto ha scritto: “E’ così bello vedere che ogni tanto la rete fa questi regali che mi riconciliano col mondo del food, troppo spesso pieno di fuffa“. E ci ho riflettuto.
Ma prima della mia riflessione, vi dico l’antefatto quale è stato.
Una sceneggiatrice napoletana di successo e bravura indescrivibile (tra l’altro anche di Un Posto al Sole, e lì ho gongolato), che scrive meglio di alcune sopravvalutate penne d’oro, Benedetta Gargano, diffondeva attraverso una story di Instagram un post molto ben scritto su un libro. A corredo di questo post una ricetta che, a dispetto del nome, Riso alla Greca, è stata inventata dal cuoco del circolo del Bridge di Napoli. Costui, per far mangiare cose semplici alle nobildonne e aristocratiche che avevano il Bridge come hobby, dava caratterizzazioni estere a piatti assolutamente locali. Il riso alla greca era uno di questi piatti.
“Semplicemente il riso alla greca è quanto di più esotico si sia mai cucinato a casa di mia madre, e tanto basta. La sua origine poi, a volerla dire tutta, non è neanche veramente greca ma squisitamente napoletana dato che questa ricetta – come quella del polpettone svedese – è stata inventata da tale Mario, geniale cuoco del circolo del bridge di Napoli negli anni ’80, che per rendere i propri piatti intriganti, attribuiva loro natali stranieri” .
Successivamente poi Benedetta Gargano ha scoperto che questa ricetta aveva una firma ben precisa. Rosetta Nitti Della Vecchia il cui nome compare, con la dicitura “ricetta messa a punto da…”, in uno dei testi più importanti della cucina partenopea: La Cucina Napoletana di Jeanne Carola Francesconi. E scusate se è poco.
Se leggete gli ingredienti, di greco in questo riso non c’è nulla, a parte le melanzane che sono ingrediente comune a tutte le regioni mediterranee, asiatiche, africane od europee che siano. L’aggiunta di olive kalamata è stata un mio vezzo, tanto quanto i capperi ed i pomodorini da parte di Ornella. E se ci si volesse aggiungere anche della Feta a cubetti, si aggiungerebbe ancora sapore e una caratterizzazione ancora più greca, che il riso originario non prevede.
Torno quindi alla riflessione che facevo riguardo questa ricetta. Come ogni cosa che pubblica o di cui porta a conoscenza Ornella, che ha un seguito ed una cassa di risonanza anche molto ampia, sebbene la si sia voluta nel tempo sempre dipingere come di fatto non è, questa ricetta è diventata virale. Paola Lena la ha rifatta probabilmente il giorno stesso, eseguendo la ricetta alla lettera, ma dando una caratterizzazione greca utilizzando una ciotola di artigianato greco e fotografando il piatto con lo sfondo dell’isola di Kos, che ha la fortuna di vedere dal suo giardino, a picco sul mare di Bodrum. E ha promesso di rifarlo utilizzando Uvetta di Corinto, più caratterizzazione greca di così… Dopodiché l’ho fatta io, poi la bravissima Manuela Cacciafeste, poi la Franci Firi, e da lì il loro gruppo di amiche, ed è partita una catena di “risi alla greca” dalla quale Ornella stessa prima, e Benedetta Gargano di riflesso, si son viste circondate e positivamente sopraffatte.
Ora, se Ornella Mirelli non avesse condiviso il post con il link a Benedetta, il riferimento Instagram della stessa, probabilmente quest’ultima ora avrebbe una 30ina di amiche virtuali in meno e altrettanti lettori in meno. E se questa ricetta non fosse stata rifatta da Ornella che, “ammodosuo” ha sostituito l’uvetta fritta con capperi ed olive, ma che ha linkato l’originale, ma piuttosto rifatta da qualcun altro, non mi sarei sorpresa a trovare il piatto, con qualche ingrediente sottratto, qualcuno variato e qualche altro aggiunto, con la presunzione di essere un piatto della propria famiglia, della nonna, o della cugina della zia del cognato. Più di una volta alle ricette messe a punto da Ornella o dalla sua amica e socia di blog, Paola Lazzari, è toccata questa sorte, ma per fortuna esiste quella famosa rete che se da un lato sbugiarda queste furbette da tastiera, dall’altra consente la diffusione corretta di ricette semplici ma buonissime come questa.
Una sola cosa mi spaventava, confrontando le versioni di Benedetta e di Ornella, nel momento in cui mi sono messa ai fornelli per preparare il mio riso alla greca. L’uvetta. Da anni mia zia Nora la inserisce nelle polpette di carne, con prezzemolo tritato e pinoli. E a me quella nota dolciastra che immancabilmente si diffonde a tutto il resto, mi ha sempre fatto schifo. Mentre ho fatto sempre incetta delle sue polpette di melanzane, ho sempre evitato le polpette di carne, proprio per quell’aggiunta di uvetta che mai ho apprezzato.
La ricetta di Benedetta prevede l’uvetta fritta. E dopo essermi assicurata alla fonte che l’uvetta andasse solo fritta tal quale e non fatta prima rinvenire, ho scelto di aggiungerla. E ho scoperto una cosa golosissima, l’uvetta fritta, che ho mangiato a manate. Dalla versione di Ornella ho preso invece le olive, che ho aggiunto alla ricetta di Benedetta. Più rete e mescolanza di così 😀
E mi piace pensare di aver anche io contribuito a diffondere tra amici che food blogger non sono, ma meri amanti della cucina, il vezzo dell’uvetta fritta, perché in molti sono stati incuriositi quando nei commenti alla foto del mio riso ne avevo parlato.
E a conclusione, voi non potete immaginare quanto sia stato bello, per me che non ne ero affatto la divulgatrice, vedere tutti quei risi alla greca che per un paio di giorni hanno rallegrato la home di Facebook. Immagino quanto sia stato bello per Ornella, e anche più bello per Benedetta. Non sarebbe più bello tutto se, invece di farcire post con lectio magistralis epretese di insegnamenti sulla qualsiasi, li si pubblicasse solo per condividere una storia, un sapore, un’emozione, anche senza contenere nulla da insegnare per forza, ma solo perché un piatto ci è piaciuto tantissimo? E soprattutto, fa così brutto rispettare una ricetta e l’autore citandoli, senza appropriarsene con mezzucci oramai patetici?