Ho una vera e propria passione per i fichi. Passione che però gli alberi di fichi non hanno nei miei confronti perché ogni qual volta ho provato a piantarne uno in giardino, è successo qualcosa di irreparabile che lo ha fatto “morire”. Buona parte di colpa la hanno i miei cani, perché le zone del giardino che avevo scelto per far crescere il fico erano parte del “loro ” spazio. E così dopo il primo che si è seccato ad opera del “maschio” segnante di casa, il secondo è finito per diventare lo stecco pulisci denti di Cinzia, la neomamma.
Ed è così che ho democraticamente deciso di saccheggiare l’enorme albero di fichi del mio vicino che, caso vuole, sporga per oltre metà nella mia proprietà 😀
Quella del fico è una storia millenaria. Nell’antica Grecia era considerato un frutto altamente erotico al quale sono legati molti miti. Platone, soprannominato “mangiatore di fichi”, raccomandava agli amici di mangiarne in quantità perché, a suo dire, rinvigoriva l’intelligenza. L’albero dell’Eden, proibito da Dio all’uomo nel Vecchio Testamento, non sarebbe un melo, ma un fico: infatti Adamo ed Eva, dopo averne mangiato il frutto, quando si accorgono di essere nudi, si coprono intrecciando foglie di fico. I Romani ne erano particolarmente ghiotti. All’epoca, era abitudine mangiare i fichi come antipasto, insaporiti con sale, aceto, garum (specie di salsa di pesce).
Secondo Publio Ovidio Nasone, i fichi con il miele venivano offerti nella notte di capodanno come segno di augurio. I Romani pensavano che mangiare i fichi “aumentasse la forza dei giovani, migliorasse la salute dei vecchi e che addirittura avesse l’effetto di ridurre le rughe! “Veneremque vocat, sed cuilibet obstat” (trad. provoca lo stimolo venereo anche a chi vi si oppone): la convinzione che il fico avesse delle proprietà erotiche venne ribadita anche dalla Scuola Medica Salernitana e, secondo la medicina popolare, due giovani sterili potevano ricorrere allo stratagemma di staccare due foglie di fico dall’albero, metterle sotto il cuscino, convinti che questo metodo potesse influenzare benevolmente la procreazione.
Forse non tutti sanno che il fico nasconde un inganno: il suo vero frutto è, in realtà, contenuto all’interno di quello che noi chiamiamo frutto e che solitamente mangiamo. Quello che comunemente viene ritenuto il frutto del fico è in realtà un insieme di frutti carnoso, piriforme, ricco di zuccheri, detto siconio, di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, cava, all’interno della quale sono i veri frutti, molto piccoli, chiamati in botanica acheni.
Oggi il fico fa parte del panorama Mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia. In Italia lo si trova sopratutto in Puglia, Campania e Calabria, ma è presente anche nelle altre regioni. Centinaia le diverse varietà di questi frutti. La più comune è la “Ficus carica”, dalle molteplici dimensioni e colori, dal giallo al nero. I fichi vengono definiti a seconda del periodo in cui maturano: “fioroni” o “primaticci” (giugno e luglio), “forniti” (agosto e settembre), “tardivi” (autunno).
I fichi generalmente vengono raccolti a completa maturazione con tutto il peduncolo, nella ore più calde e asciutte della giornata.
Questi frutti ricchi di zucchero, minerali e vitamine, sono facilmente digeribili, possono essere consumati freschi o secchi, ed inseriti in ricette dolci (torte, gelati, marmellate) o salate (antipasti o primi piatti o anche in accompagnamento alla carne di maiale).
Ho iniziato mesi fa una “saga” dei risotti con la frutta, tutti risotti che hanno visto i vari frutti di stagione protagonisti in quanto ho sfruttato anche il loro succo per sostituire il brodo nella loro cottura.
Oggi invece, nel risotto ai fichi, ho utilizzato il classico brodo vegetale, a metà con del vino bianco e ho mantecato con il Provolone del Monaco, prezioso prodotto della penisola sorrentina, in Campania, per onorare le origini dell’ambasciatrice di questa settimana così profumata.
Il Provolone del Monaco lo ho acquistato online su Mozzarella.it