Dopo aver assodato che alla Scicolone non ci si può affidare per le ricette napoletane ( è sua una teoria sul gateau di patate per cui gli ingredienti che vanno a comporlo debbano finire tutti per -ella, mozzarella, mortadella e besciamella, perciò), e quando la fonte delle stesse non sono i ricordi di mia nonna, le preparazioni di mia zia Rosa o di mia Zia Nora, mi rivolgo a una mia altra certezza: Raffaele Pignataro.
Raffaele è maestro indiscusso delle preparazioni tradizionali partenopee: di Raffaele ho fatto e rifatto e strafatto le pizze fritte ed un dolce con glassa al limone dal gusto “mondiale”, a Raffaele devo il successo del pane che preparo in casa quando ho tanto tempo a disposizione. Le montanare fritte di Raffaele risolvono i miei attacchi di fame e nostalgia di Napoli… e da Raffaele ho attinto la ricetta di una preparazione napoletanissima, i taralli ‘nzogna e pepe, dove per “‘nzogna” si intende la sugna del maiale, lo strutto.
Classico mangiare degli aperitivi napoletani, (o piuttosto, pasti veri e propri considerato l’apporto calorico di ogni singolo pezzo) i taralli ‘nzogna e pepe bene si accompagnano con una birra ghiacciata.
I taralli nascono dal riutilizzo degli esuberi della pasta di pane, impastato dai fornai con la sugna, il grasso del maiale, il burro dei poveri, (oggi sostituito con lo strutto sebbene non sia esattamente la stessa cosa) e cotti insieme al pane per essere poi prelevati dai “tarallari” che in una sporta sulla spalla li vendevano, a poco prezzo, in giro per i quartieri di Napoli.
I taralli più famosi di Napoli sono quelli di Leopoldo, sebbene anche Poppella, tarallaro per antonomasia, oggi famoso per i fiocchi di neve, produca taralli degni di rispetto.
Sara Sguerri, autrice del blog Pixelicious e cara amica, ha preparato questi taralli in occasione del mio mese da vincitrice del The Recipe-tionist. Potete vedere i suoi, decisamente più belli dei miei, cliccando qui.