Ogni tanto capita che nel mondo delle foodblogger, tutte si decida all’improvviso di provare una ricetta, tutte la stessa, e quindi ci sono ondate di fotografie e versioni dello stesso piatto che intasano la home di Facebook. Mi verrebbe da fare degli esempi ma siccome il fraintendimento è dietro l’angolo non li faccio, ma nomino quello che coinvolse anche me, un paio di anni fa. La ricetta era quella dei tarallini pugliesi.
Provai a farne diverse versioni ma nessuno di essi era come quelli che “conoscevo” io. Quella più vicina come gusto e croccantezza agli originali, era di Ileana Pavone, del Blog Ribes e Cannella, che li aveva però preparati con una farina di farro e del vino bianco.
Su Diverdediviola pubblicai quelli di Ileana, ma il pallino mi era rimasto. Io ci volevo aggiungere la semola rimacinata. Fino a quando non ho provato e riprovato, profumandoli ogni volta con un aroma o spezia diverso, arrivando a quella che per me è la ricetta perfetta. E che oggi pubblico per voi.
Esistono diverse marche di buonissimi tarallini pugliesi, gli ultimi a dir poco deliziosi li ho trovati in una delle passate Degustabox, ma fatti in casa sono tutta un’altra cosa, perché hanno sì lo stesso sapore e croccantezza di quelli comprati, ma almeno si sa cosa c’è dentro… a patto che gli ingredienti utilizzati per prepararli, che sono pochi e di facile reperibilità, siano di qualità!
I tarallini subiscono, come accade per i bagels, una doppia cottura, prima in acqua, una leggera bollitura, e poi dritti in forno. E’ proprio questo metodo di doppia cottura che gli conferisce la caratteristica “scrocchiarellosità” che non si dice, ma spiega esattamente cosa voglio dire!
Nel tempo li ho preparati con i semi di finocchio, con i semi di anice, al Parmigiano e al gusto pizza, con concentrato di pomodoro ed origano secco… ma questa volta, dopo aver raggiunto la consistenza (per me) perfetta, ho scelto di utilizzare l’oro della Tuscia, ossia la polvere di fiori di finocchietto, che con tanta cura mi faccio ogni anno (anche perché a comprarla costa 24 euro l’etto).