Il tonno di coniglio è una preparazione della tradizione contadina piemontese, monferrina nello specifico, molto gustosa e fresca, adatta all’estate che ormai è anche quasi terminata!
Il tonno di coniglio mi aveva sempre attratta, e non lo avevo nemmeno mai mangiato, ma al solo vedere quei pezzi sodi ma morbidi annegati nell’olio, con le foglie di alloro che io adoro, ogni volta avevo l’acquolina.
La conservazione sott’olio del coniglio (cotto chiaramente in un brodo molto aromatico di odori e spezie), è una usanza del passato quando, non avendo a disposizione i moderni frigoriferi, vennero inventati modi e ricette per conservare la carne più a lungo. E’ uno di quei piatti che devono essere cucinati almeno con un giorno di anticipo (meglio tre o quattro), pertanto si adattava perfettamente alle esigenze dei contadini che, tornando dai campi, potevano trovare un cibo già pronto per essere consumato.
Il nome del piatto si riferisce al tipo di lavorazione e conservazione cui viene sottoposta la carne di coniglio che ricorda quella del tonno in scatola, sott’olio appunto. Il coniglio viene fatto bollire in un acqua aromatizzata fino a quando la carne non si stacca naturalmente dalle ossa, quindi viene separata accuratamente e disposta a strati, a macerare nelle tipiche “burnìe” (così si chiamano in piemontese i vasetti di vetro per le conserve) con spicchi d’aglio e foglie di salvia (io però preferisco il profumo dell’alloro a quello della salvia e aggiungo bacche di pepe rosa), coperta d’olio e lasciata marinare in frigo per almeno due giorni in modo che si intenerisca e si insaporisca. Stando nell’olio per qualche giorno a macerare, la carne del coniglio diventa tenera come quella del tonno (che si taglia con un grissino).
La leggenda narra che il nome “tonno di coniglio”, che non è una creatura mitologica formata per metà lepre e metà pesce, sia frutto di un ‘inganno’ dei frati di un convento di Avigliana (To), che per aggirare il digiuno quaresimale, immergevano in olio conigli e galline per poterli ribattezzare col nome di “tonni” e poterli mangiare senza fare peccato.
In Piemonte il tonno di coniglio è una ricetta molto apprezzata e diffusa specialmente in estate. Accompagnato da una giardiniera di verdure o da una semplice insalata mista il tonno di coniglio rappresenta un antipasto gustoso o anche un ottimo secondo piatto. Solitamente si prepara con il coniglio grigio di Carmagnola, unica razza autoctona sopravvissuta e ora presidio Slow Food. La carne è particolarmente saporita, per nulla stopposa e questa preparazione ne esalta la “scioglievolezza”.
Da quando mia sorella si è fidanzata prima e sposata poi con Giuseppe, ho potuto contare sulla fornitura costante di genuini conigli della Basilicata, allevati da suo padre, che ogni volta che posso preparo secondo le ricette della tradizione italiana. E uno di quei conigli è finito in vasetto ed è stato spazzolato poco dopo. Lo ho preparato secondo la ricetta della mamma di Laura, mia cara amica piemontese.
Per comodità ho utilizzato la pentola a pressione per cuocere il coniglio, e per raccogliere il mazzetto aromatico e le bacche ho utilizzato uno strumento apposito in silicone alimentare per evitare la loro dispersione nel brodo.
2 Comments
Ketty
9 Settembre 2020 at 9:00
Ma va mangiato entro i tre giorni oppure si può conservare per un periodo più lungo?
Valentina
9 Settembre 2020 at 10:36
Ciao Ketty. Due o tre giorni sono il minimo tempo di riposo delle carni nell’olio affinchè si inteneriscano ancora di più ed aromatizzino con i sapori con cui l’olio viene profumato. Credo che come nel caso del tonno vero, si mantenga a lungo, se conservato con tutte le accortezze ed accorgimenti di chi con le conserve è pratico. Io ho sempre terrore del botulino quindi lo mangio dopo 3 giorni, appena aromatizzato.