Moltissimi anni fa, casa di mia nonna era frequentata ogni lunedì da un venditore di biancheria di valore, intima e per la casa. Era un mestiere all’epoca in voga, e Giosuè, questo era il nome di quest’omino, vendeva a mia nonna e a mia mamma, e alle zie che di volta in volta si davano appuntamento dopo il caffè per attenderlo, tovaglie di cotone di Fiandra, lini pregiati, pigiami per il “corredo” nuziale e non, maglie di lana, canottiere, mutande e lenzuola da ricamare di cotone egiziano.
Tutti i lunedì alle 14 suonava il citofono e in risposta si sentiva “Giosuè”…. mia nonna capiva – Sono Sue’ – e così Giosuè era diventato Suele, unica italianizzazione possibile di un inesistente Sue’.
A Suele aprivamo la porta sempre noi ma un giorno toccò a mio padre il quale però, per annunciarlo alle donne che lo attendevano in cucina, lo introdusse con “E’ arrivato il signor Samuele”, pensando giustamente che Suele potesse essere solamente il diminutivo di questo nome. Grandi risate, grande imbarazzo per tutti, e finalmente Suele dichiarò “Veramente il mio nome è Giosuè”.
Succede spesso alle persone anziane di “storpiare” i nomi di persone e cose, Porta a Porta è spesso diventata “Vespa a Vespa”, i cani pitbull sono diventati i “Whirlpool”, non si contano i “patè d’animo”… addirittura ricordo la madre di mia zia Angela che, alla notizia della morte di Lady Diana in auto con Dodi Al Fayed aveva capito invece che in macchina con lei ci fosse “Alba Parietti”… e la stessa sorte è capitata a questa torta salata rustica, che mia nonna preparava in occasione sia della Pasqua che del Natale e che serviva come ammazzafame in attesa dei cenoni a tarda ora.
Il “TORT’N”, come lo pronunciava lei senza vocali tranne la prima O, troneggiava in cucina dalle 11 del mattino in poi e di solito alle 15 era già stato spazzolato. Vi era una vera e propria processione e ognuno gli si avvicinava rispondendo “ne prendo un’ostia” agli sguardi fulminanti di mamma e di zia Rosa. E ostia dopo ostia il “tort’n” non arrivava mai a tavola.
Dopo qualche anno, ho scoperto che il nome vero era molto simile alla parola usata da mia nonna, e il TORTANO esisteva davvero.
La ricetta originale del Tortano contempla l’utilizzo del salame napoletano come unico salume concesso per la farcitura del rustico, e lo strutto come unico grasso nella preparazione dell’impasto. Inoltre, ciò che lo differenzia dal Casatiello è l’uovo, che nel tortano andrebbe messo sodo, spezzettato, all’interno, mentre il casatiello lo ha in superficie, sodo, intero, col guscio, racchiuso in gabbiette fatte con le eccedenze dell’impasto. Nel tortano poi ci vanno i cicoli di maiale, ciccioli come si chiamano a Roma, ma comunque si chiamino lei non ce li metteva, e nemmeno io ce li metto.
Mia nonna non utilizzava lo strutto o la sugna, utilizzava solamente l’olio extra vergine di oliva. Io ho optato per una aggiunta di olio extra vergine di oliva e di una quantità inferiore di strutto rispetto alla ricetta originale del tortano del libro La Cucina Napoletana di Jeanne Carola Francesconi.
Per lei il tortano era una ricetta di riciclo di tutto quello che aveva in frigorifero, pertanto oltre al salame non era difficile trovare cubetti anche di un avanzo di gambuccio di prosciutto crudo, o cubetti di mortadella o speck, e il formaggio variava dall’Emmentaler alla Fontina alla scamorza affumicata.
Luciano Pignataro dell’omonimo blog recita a proposito del grasso da utilizzare nella preparazione del Tortano:
Un/una napoletano/a che lo facesse col burro (come purtroppo ho visto fare da taluna inesperta massaia più attenta ai falsi tabù del colesterolo e della linea, che ai dettami della sana tradizionale cucina partenopea…) incorrerebbe nella scomunica latae sententiae e meriterebbe di essere scacciato/a con abominio dalla comunità napoletana!